Così ha stabilito, con Sentenza n. 15479 della Sezione Prima, depositata il 14 aprile 2016, la Suprema Corte di Cassazione nel valutare un ricorso promosso dalla difesa dell´imputato del reato di tentato omicidio, con il quale si censurava la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello, che non aveva riconosciuto l´attenuante di cui all´art. 62, comma 1 n. 2.
La Corte territoriale avrebbe quindi dovuto concedere la chiesta attenuante in quanto oggettivamente era emerso che fosse sussistente il fatto ingiusto altrui.
Infatti nel caso di specie, dalle risultanze probatorie, emergeva in maniera univoca che la vittima del tentato omicidio aveva ripetutamente, con insistenza in modo assillante e quotidianamente, messo in atto una condotta finalizzata ad insidiare la moglie dell´imputato.
I Giudici della Prima Sezione hanno voluto precisare anche che, oltre alla sussistenza del fatto ingiusto altrui, occorre che siano presenti altri due elementi: a) lo stato d´ira dell´agente, cioè un impulso soggettivo incontenibile; b) un rapporto di causalità psicologica tra l´offesa ingiusta ricevuta e la reazione messa in atto costituente reato
Per tali ragioni la Suprema Corte ha accolto il ricorso nella parte avente ad oggetto la doglianza della mancata concessione dell´attenuante della provocazione e disposto il rinvio ad altra Corte territoriale per la rideterminazione della pena.
Sentenza allegata
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