Su tale argomento si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n. 17644, sezione Lavoro, depositata il 6 settembre 2016.
Nel caso in esame i Supremi Giudici accolgono quanto già sostenuto in Appello in ordine al rigetto del ricorso proposto da una donna " obesa" cui non è stato riconosciuto il chiesto "assegno d´invalidità".
La Corte d´appello, in particolare, recepiva le conclusioni della c.t.u. rinnovata in secondo grado, che aveva concluso che la periziata, soggetto gravemente obeso con complicanze artrosiche in ipertensione arteriosa ed esiti di intervento chirurgico per tunnel carpale, oltre a disturbo depressivo in un blando trattamento farmacologico, era affetta da riduzione della capacità lavorativa in misura del 71%, come già ritenuto dal c.t.u. di primo grado.
La donna ricorre in Cassazione ma le argomentazioni poste in essere dal suo legale non portano il Supremo Collegio, come detto, ad avviso diverso.
Decisiva, infatti appare la perizia redatta dal consulente tecnico d´ufficio.
Da tale perizia emerge chiaramente lo " status" della donna che presenta «una riduzione della capacità lavorativa nella misura del 71 per cento».
Tale percentuale non si palesa sufficiente al fine del riconoscimento dell´assegno di invalidità
Tutto ciò è indubbiamente da collegare all´operato del c.t.u. che ha inteso rapportare giustamente la sua consulenza non alle previsioni della tabella ma alla «maggiore gravità della patologia» lamentata dalla donna
Per confermare quanto statuito, i Supremi Giudici richiamano il principio consolidato secondo il quale il giudice del merito, qualora condivida i risultati della consulenza tecnica d´ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di aderire alle risultanze della consulenza implica valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti, mentre l´accettazione dei parere del consulente, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità .
In tal caso l´obbligo della motivazione è assolto con l´indicazione della fonte dell´apprezzamento espresso, senza la necessità di confutare dettagliatamente le contrarie argomentazioni della parte, che devono considerarsi implicitamente disattese.
Ciò detto non può essere riconosciuto alla donna l "assegno richiesto" pur riconoscendo, il Supremo Collegio, lo "status" invalidante in cui la stessa versa.
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