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Anche il contraddittorio disciplinare esige la consapevole partecipazione del lavoratore.

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In tema di procedimento disciplinare, quando l'assenza del lavoratore all'audizione orale si presenti giustificata da condizioni di salute tali da non poter sostenere consapevolmente il colloquio, non viene meno il dovere del datore di lavoro di fissare l'audizione in una data successiva a quella indicata nella certificazione medica addotta dal lavoratore; peraltro, l'impedimento alla comparizione anzidetta, può essere attestato anche da un certificato proveniente da una struttura pubblica anziché dal medico curante.

Cass. sez. lav., ord. del 13.10.2022, n. 30042

Premessa.

L'audizione orale nel corso del procedimento disciplinare, con l'assistenza o meno di un rappresentante sindacale, costituisce un diritto fondamentale del lavoratore, direttamente correlato all'esercizio del suo diritto di difesa, così come previsto dal secondo comma dell'art. 7 S.L.

Il datore di lavoro è pertanto gravato da un autonomo dovere di convocazione del dipendente per l'audizione orale, qualora lo stesso abbia tempestivamente espresso la volontà di essere sentito di persona.

Il fatto.

Nel caso sottoposto all'esame della Cassazione, la dipendente di una banca aveva impugnato un licenziamento disciplinare per violazione del diritto al contraddittorio previsto dal secondo comma dell'articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori.

La ricorrente deduceva di aver richiesto l'audizione personale con l'assistenza di un rappresentante sindacale e di essere stata convocata una prima volta per essere sentita oralmente, e di aver presentato un certificato medico attestante la sua impossibilità a comparire per la data fissata.

La banca aveva allora riconvocato la dipendente per una data successiva, disattendendo tuttavia le indicazioni fornite dal certificato medico che indicava la necessità di un riposo di sessanta giorni per la lavoratrice.

La dipendente rappresentava alla banca il protrarsi della sua impossibilità comparire e non si presentava nemmeno alla seconda convocazione.

La banca riteneva la richiesta di rinvio ulteriore dell'audizione disciplinare meramente dilatoria e contraria al principio di correttezza e buona fede e perciò comunicava il provvedimento di recesso alla dipendente. 

Il giudice del primo grado accoglieva il ricorso e dichiarava illegittimo il licenziamento perché intimato in violazione della procedura di cui all'articolo 7 comma secondo della legge numero 300 del 1970 e, dichiarato risolto il rapporto di lavoro Inter partes alla data del licenziamento, condannava detta banca alla corresponsione in favore della lavoratrice dell'indennità commisurata a 10 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

La sentenza veniva confermata anche dalla Corte d'appello.

Contro tale decisione proponeva ricorso in Cassazione la banca rilevando, tra l'altro, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 dello statuto dei lavoratori.

Secondo la banca la Corte territoriale aveva errato nel ritenere che il certificato dell'azienda sanitaria potesse giustificare una richiesta di ulteriore rinvio dell'audizione disciplinare. Inoltre, le ragioni di salute addotte dalla lavoratrice non sarebbero state idonee a giustificare una sua riconvocazione per una nuova audizione disciplinare, dal momento che erano poco credibili e peraltro risultavano attestate non dal medico curante ma da certificazioni psichiatriche aventi valenza ai fini medico legali di inabilità solo temporanea e parziale.

La decisione della Corte

La Cassazione ha ribadito che il datore di lavoro è gravato da un autonomo dovere di convocazione del dipendente per l'audizione orale qualora lo stesso abbia tempestivamente espresso la volontà di essere sentito di persona, al punto che, proprio per la maggior pregnanza ed incisività della difesa orale rispetto a quella scritta, l'audizione del lavoratore non è surrogabile da deduzioni scritte, seppure di una certa completezza.

Secondo il giudice di legittimità, poi, la lavoratrice aveva pienamente assolto all'onere di fornire la prova dell'esistenza di un impedimento a comparire, sia dal punto di vista formale che sostanziale. 

Quanto alla forma, gli ermellini hanno affermato che deve ritenersi attendibile la certificazione medica proveniente da una struttura pubblica poiché la natura della struttura garantisce l'affidabilità dell'attestazione in essa contenuta relativamente sia alla natura che alle conseguenze dello stato di salute del lavoratore.

Quanto alla sostanza, la Corte ha ritenuto che la persistenza di una depressione bipolare in disturbo post traumatico da stress da rapina a mano armata e il disturbo da attacchi di panico, costituiscano una condizione di salute tale da impedire al lavoratore di sostenere un colloquio in sede disciplinare in modo consapevole, specie quando, come nel caso di specie, la contestazione sia formulata in maniera articolata e puntuale.

Secondo gli ermellini, dunque nei confronti di chi sia effettivamente impedito ad affrontare l'audizione disciplinare per simili ragioni, non si può profilare quella condotta dilatoria, elusiva e contraria a buona fede che è espressione di un abuso nell'esercizio del diritto ad essere ascoltato.

Dunque, secondo la Cassazione, quando l'assenza si presenti giustificata da condizioni di salute tali da non poter sostenere consapevolmente il colloquio in sede disciplinare, non viene meno il dovere del datore di lavoro di fissare l'audizione in una data successiva a quella indicata nella certificazione medica addotta dal lavoratore, peraltro, l'impedimento alla comparizione anzidetta, può essere attestato anche da un certificato proveniente da una struttura pubblica anziché dal medico curante.

 

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