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Lo spettro degli atti che costituisce violenza sessuale può essere parecchio ampio: è sempre difatti difficile stabile quale sottile linea ci sia tra il concesso e ciò che in sé costituisce un'intrusione indebita nella sfera sessuale altrui. Ciò rimanda in primis alla necessità di codificare quegli atti che possano avere una chiara valenza sessuale. Tra questi il bacio potrebbe costituire primordio dell'approccio sessuale nonché atto di libidine. Interviene sul punto la Suprema Corte che con la sentenza n. 36636/2019 sussume il bacio nella fattispecie penale di cui all'art. 609 bis c.p. nel momento in cui l'imputato si è reso protagonista di una serie di atti a contenuto molesto, concretatisi in una sequela di corteggiamenti culminati poi con un bacio, al fine di ottenere un approccio con una donna. La Corte difatti riconosce la connotazione sessuale del bacio dato senza il consenso della vittima.
Nel caso de quo era accaduto che un uomo era stato condannato in primo grado per i reati di violenza sessuale, lesioni colpose e per il reato di ingiuria; era stato successivamente proposto appello attraverso il quale l'imputato otteneva anzitutto l'assoluzione per il reato di cui all'art. 504 poiché il fatto non era previsto più come reato, nonché uno "sgravio" della pena per i restanti capi di imputazione. In relazione alla sentenza di appello veniva presentato ricorso per Cassazione per mezzo del quale veniva censurata la violazione di legge e il vizio di motivazione avuto riguardo all'art. 609 bis c.p. Nello specifico il ricorrente lamentava che la pronuncia del Giudice di appello non seguiva gli ultimi arresti giurisprudenziali con riferimento al bacio; era inoltre mancata, a dire della difesa dell'uomo, la contestualizzazione dell'atto in sé e ciò impediva di qualificarlo come indebita intercettazione della sfera sessuale. A sostegno di ciò difatti si affermava che il bacio era stato dato solo a seguito di una serie di atteggiamenti della donna che non potevano essere qualificati come segno di chiusura: non vi era dunque secondo il ricorrente alcun prodromo che lasciasse presagire un respingimento. Rimarcava inoltre l'imputato che dopo il bacio, constatato lo stato di sgomento della donna, egli stesso aveva desistito e si era allontanato. Veniva lamentato inoltre il fatto che la sentenza d'appello avesse ritenuto sussistente la fattispecie criminosa delle lesioni personali solo sulla base delle mere asserzioni della persona offesa non considerando invero il fatto che egli avesse invece ricevuto uno schiaffo dalla medesima.
La Corte ritiene infondato il ricorso spiegando anzitutto che i giudici di merito hanno ben valutato il fatto non solo nel singolo accadimento in sé, ovvero il bacio, ma in stretto collegamento con tutti gli elementi del caso concreto considerando sia il modus operandi degli attori che le contingenze precedenti e successive. Gli Ermellini ritengono quindi corretta la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni della vittima in quanto esse non hanno presentato salti logici; da esse dunque si desumeva che l'imputato era un estraneo per la donna e che l'atteggiamento scostante dunque non era generato da alcun risentimento tale da determinare atteggiamenti calunniatori. Dalla ricostruzione dunque emergevano, per i Giudici di Piazza Cavour, gli atteggiamenti insistenti dell'imputato nonostante i netti rifiuti della donna e che lo stesso avrebbe continuato a porre in essere i medesimi anche dopo il bacio avendo lo stesso minacciato la donna che l'avrebbe raggiunta nello spogliatoio. Tale ultima frase difatti palesava delle avance con chiaro contenuto sessuale.
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