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Accertamento dell’abusività della somministrazione ammesso oltre il termine di cui all’art. 32 L. n. 183/2010.

LavoroSomministr

La sezione lavoro della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 6898/2024 ha affermato che il ricorso abusivo all'istituto della somministrazione di lavoro può essere accertato, nei confronti dell'utilizzatrice, anche oltre il termine decadenza previsto dall'art. 32 L. n. 183/2010 per l'azione di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all'utilizzatore.

Nel caso di specie erano state effettuate 800 missioni durante un arco temporale di 7 anni, pertanto il Supremo Collegio ha ritenuto configurabile un'ipotesi di reiterazione particolarmente grave in quanto eccedente "il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea".

I principi di massima.

Missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere l'essenza stessa delle disposizioni della Dir. n. 2008/104 e possono costituire un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto idonee a compromettere l'equilibrio realizzato da tale Direttiva tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest'ultima", specialmente quando non viene fornita alcuna spiegazione al fatto che un'impresa utilizzatrice ricorra a tale successione di contratti. In tal caso spetta al giudice nazionale verificare se una delle disposizioni della direttiva 2008/104 venga aggirata e ciò anche se sia maturata la decadenza prevista dall'art. 32 L. n. 183/2010 per l'azione di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all'utilizzatore.

Il giudicato sull'intervenuta decadenza dall'impugnativa dei contratti precedenti non preclude l'accertamento dell'abusiva reiterazione, atteso che la vicenda contrattuale, pur insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei confronti dell'utilizzatore per la intervenuta decadenza, può rilevare come antecedente storico che entra a far parte di una sequenza di rapporti, valutabile, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 e del 17 marzo 2022 in causa C-232/20.

Cassazione, sezione lavoro, sentenza del 14 marzo 2024, n. 6898.

Il caso

Un lavoratore interinale ricorreva al giudice del lavoro al fine di far accertare il carattere irregolare, fraudolento e simulato del contrato di somministrazione di lavoro stipulato, con conseguente declaratoria di nullità dei contratti a termine siglati e riconoscimento diritto del ricorrente medesimo alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato full-time alle dipendenze dell'utilizzatrice sin dall'inizio della somministrazione; oltre al risarcimento del danno parametrato alle retribuzioni medio tempore non corrisposte sin dalla data della messa in mora. 

Rimasto soccombente in primo grado, il lavoratore proponeva appello, ma la Corte territoriale confermava la sentenza di primo grado.

Nel dettaglio, il giudice dell'appello rilevava, come già aveva fatto anche il tribunale, che, alla data dell'impugnativa stragiudiziale, era ormai ampiamente spirato il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 32 L. n. 183/2010, decorrente dalla scadenza dell'ultimo contratto di somministrazione a termine.

Avverso tale decisione il lavoratore proponeva ricorso per cassazione, fondato su due motivi.

Con il primo motivo, il ricorrente denunciava la violazione dell'art. 32 comma 4 lett. d) della Legge 183/2010 (oggi art. 39 D.Lvo 81/2015), dell'art. 6 legge 604/1966 e dell'art. 21 comma 4 del D.lvo 276/2003 (oggi art. 38 comma 1 D.Lvo 81/2015); con il secondo motivo, denunciava, invece la violazione della Direttiva 2008/104/CE del 19.11.2008, art. 5.5., relativa al lavoro tramite agenzia interinale, artt. 1344, 1418, 1421 e 1422 c.c., art. 32 l. 183/2010, art. 28 del D.lvo 267/2003 (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)".

Quanto al secondo motivo, secondo il ricorrente, la Corte d'appello aveva errato nel non esaminare nel merito la domanda volta ad accertare l'assunzione della somministrazione in frode alla legge (per superamento del requisito della temporaneità) estendendo a tale fattispecie la decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183/2010 in violazione della direttiva 2008/104/CE e della normativa nazionale vigente in materia di atti nulli perché assunti in frode alla legge

La decisione della Cassazione.

Ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, la Corte ha, invece, accolto il secondo.

Il Supremo Collegio ha innanzitutto evidenziato che, nel caso di specie, il ricorrente non si era limitato a rappresentare che, per tutti gli innumerevoli contratti firmati con la società utilizzatrice (oltre 700), non era stato firmato alcun contratto c.d. commerciale (situazione che avrebbe giustificato il rigetto anche del secondo motivo di ricorso) ma, sin dal ricorso introduttivo, lo stesso aveva eccepito che l'intera somministrazione intercorsa era da considerarsi fraudolenta per violazione degli artt. 1344 e 1418 c.c. e dell'art. 28 del D.lvo 276/2003, circostanza desumibile: dalla durata della somministrazione "intercorsa ininterrottamente dal 2007 sino al 2014", dall'esorbitante numero dei contratti di lavoro firmati (n. 437 + n. 343 firmati con l'agenzia interinale per missioni sempre presso i medesimi utilizzatori) e dalla modalità della 

chiamata al lavoro che era avvenuta sempre ad opera di personale riconducibile agli utilizzatori e mai da parte della società interinale.

Secondo il Supremo Collegio, missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere l'essenza stessa delle disposizioni della Dir. n. 2008/104 e possono costituire un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto idonee a compromettere l'equilibrio realizzato da tale Direttiva tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest'ultima, specialmente quando non viene fornita alcuna spiegazione al fatto che un'impresa utilizzatrice ricorra a tale successione di contratti.

In tal caso, spetta al giudice nazionale verificare se una delle disposizioni della direttiva 2008/104 venga aggirata e ciò anche se sia maturata la decadenza prevista dall'art. 32 L. n. 183/2010 per l'azione di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all'utilizzatore.

In un simile contesto, ha proseguito  la Cassazione, trova, infatti, applicazione il generale principio, già espresso in numerosi precedenti, secondo cui il giudicato sull'intervenuta decadenza dall'impugnativa dei contratti precedenti non preclude l'accertamento dell'abusiva reiterazione, atteso che la vicenda contrattuale, pur insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei confronti dell'utilizzatore per la intervenuta decadenza, può rilevare come antecedente storico che entra a far parte di una sequenza di rapporti, valutabile, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 e del 17 marzo 2022 in causa C-232/20.

Pertanto, ritenuto ininfluente il dato della maturata decadenza, in accoglimento del secondo motivo, la Suprema Corte ha cassato l'impugnata sentenza, rinviando alla Corte territoriale che, in differente composizione, oltre a regolare le spese del giudizio di cassazione, dovrà verificare se, nonostante l'intervenuta decadenza dall'impugnativa dei singoli contratti di somministrazione di lavoro che hanno riguardato il lavoratore ricorrente, il reiterato invio, mediante missioni, del medesimo lavoratore, possa integrare un abusivo ricorso all'istituto della somministrazione di lavoro, tenendo conto delle indicazioni in tal senso offerte dalla Corte di giustizia UE. 





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