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Abilitazione forense in Romania, Cassazione: nulla se a rilasciarla è soggetto non legittimato

L´iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti annessa all´albo è subordinata alla iscrizione dell´istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine (art. 6, co. 2, D.Lgs. n. 96/2001). Con particolar riferimento al titolo di avocat acquisito in Romania, l´autorità competente a cui rivolgersi al fine di verificarne la validità è l´U.N.B.R. - Uniunea Nationala a Barourilor din Romania, senza che ciò contrasti con la Costituzione né con la normativa comunitaria.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, a SS.UU, con sentenza n. 22719 del 9 novembre 2016.

La questione

Il pronunciamento della Corte ha tratto origine da un ricorso relativo alla delibera di cancellazione di un legale per insussistenza del requisito di cui all´art 2 D.lgs 96/2001, emessa dal COA dopo aver appreso che il professionista risultava aver ottenuto il titolo di Avocat da soggetto non legittimato in Romania al rilascio dell´abilitazione all´esercizio della professione legale.
La delibera di cancellazione, dopo essere stata impugnata al CNF, con esito negativo, veniva impugnata anche in Cassazione che, in applicazione del principio di cui sopra, ha rigettato il ricorso.

Le ragioni della decisione

Nel caso di specie, e segnatamente nella situazione del ricorrente, iscrittosi presso la sezione speciale degli Avvocati stabiliti del COA di Roma, ciò che viene in rilievo, ha infatti rilevato la Suprema Corte, è la verifica della sussistenza, non dei requisiti ulteriori previsti dalla normativa nazionale per la iscrizione nell´albo degli avvocati, ma proprio il possesso del titolo idoneo rilasciato da un´autorità di uno Stato membro che a tanto sia abilitata.
Il CNF, sulla base della documentazione acquisita, e in particolare della nota del Ministero della giustizia italiano che ha svolto i relativi accertamenti attraverso il sistema di cooperazione tra autorità degli Stati membri dell´Unione europea denominato IMI (Internai Market Information System), ha ritenuto che il titolo esibito dal ricorrente ai fini della iscrizione in Italia non fosse stato rilasciato dall´organismo competente.
In disparte gli evidenti profili di inammissibilità del ricorso, ha proseguito la Cassazione, confermando per l´appunto la decisione del CNF, questo organo non ha posto in discussione la operatività delle disposizioni comunitarie, recepite dal decreto legislativo n. 96 del 2001, volte a facilitare l´esercizio della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale, ma si è limitato a ritenere che il titolo esibito non fosse stato rilasciato da un´autorità a tanto abilitata. E ciò ha fatto sulla base, tra l´altro, di informazioni acquisite dal Ministero della giustizia nazionale attraverso l´Internai Market Information System, peraltro verificate attraverso un accesso al sistema informatico dell´organismo dichiarato competente. In sostanza, nel caso di specie non viene in rilievo una questione di interpretazione della normativa comunitaria concernente il predetto sistema di collaborazione tra Stati membri, ma unicamente il rilievo che, sul piano probatorio, assumono le informazioni che dall´indicato organismo provengono: quindi, diversamente da quanto asserito dal ricorrente, che si è visto così respingere le proprie doglianze, non si tratta nella fattispecie di interpretazione della normativa comunitaria, alla quale il ricorrente pretendeva appunto di riconoscere un´efficacia diversa da quella ad essa attribuita dal CNF, ma unicamente di un apprezzamento delle prove, anche documentali, concernenti la provenienza del titolo abilitante all´esercizio della professione - nella specie, quella forense - da un organismo effettivamente abilitato, nel proprio ordinamento, a rilasciare quel titolo.
In considerazione di ciò, il ricorso è stato respinto.
Sentenza allegata

 

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