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Con la decisione n. 30 dello scorso 11 gennaio, il Tribunale di Ragusa, chiamato a pronunciarsi sulla separazione di una coppia di coniugi avvezza ai litigi, ha escluso che l'abbandono del tetto coniugale potesse implicare l'addebito della separazione alla moglie, in quanto in tema di separazione, l'abbandono della casa coniugale, per quanto effettuato unilateralmente da una delle parti, ossia senza il consenso dell'altro coniuge, pur se costituente di per sé violazione dei doveri coniugali, non integra violazione rilevante per l'addebito laddove la stessa appaia legittimata da una "giusta causa", integrata dalla presenza di situazione di fatto , di avvenimenti o comportamenti altrui di per sé incompatibili con la protrazione della convivenza, ossia tali da non rendere più esigibile la pretesa di coabitare."
Il caso sottoposto all'attenzione del Tribunale prende avvio dal ricorso di una donna che chiedeva pronunciarsi sentenza di separazione con addebito al marito a causa delle condotte violente dallo stesso perpetrate negli anni. In particolare l'istante deduceva che l'uomo, patologicamente geloso della moglie, aveva reso impossibile la convivenza al punto tale da costringerla ad allontanarsi dalla casa coniugale nell'ottobre 2013 e denunciarlo alle autorità di pubblica sicurezza.
Costituendosi in giudizio il marito si difendeva sostenendo, di contro, che l'unione coniugale si era deteriorata a causa delle condotte della ricorrente che, a partire da febbraio 2013, aveva cominciato ad assumere comportamenti vessatori nei suoi confronti, offendendolo anche in presenza dei minori e aggredendolo fisicamente; la situazione era degenerata la mattina in cui la moglie, svegliatasi, urlava e percuoteva il marito e, senza fornire spiegazioni, lasciava la casa familiare, senza farvi più ritorno. In relazione a tali condotte, anche l'uomo chiedeva che la separazione fosse addebitata alla moglie.
Il Tribunale – disposta la separazione dei coniugi posta l'indiscussa perdita, nell'ambito del rapporto coniugale, della comunione materiale e coniugale e della tollerabilità della convivenza – analizza le due domande di addebito richieste da ciascun coniuge.
Il giudice premette come, ai fini dell'addebito, non è sufficiente la prova della violazione dei doveri coniugali ex art. 143 c.c.essendo necessario allegare e provare la rilevanza causale di tale violazione nella rottura dell'unione coniugale: in particolare, il giudice deve verificare se sussiste un rapporto di causalità tra il comportamento censurato e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza o se, piuttosto, la violazione dei doveri coniugali sia avvenuta quanto era già maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale; in tale verifica è necessario contemperare i comportamenti di entrambi i coniugi, non potendo, la condotta dell'uno, essere giudicata prescindendo da quella dell'altro.
Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento rileva come, all'esito dell'istruttoria, pur essendo stati provati i frequenti e violenti litigi tra le parti, non sia tuttavia emerso il contenuto e la ragione di tali eventi: in questo contesto, la domanda – proposta dalla moglie – di addebitare la separazione al marito, perché violento, non viene accolta, atteso che non è stata provata non solo la ragione dei litigi ma anche la relativa esclusiva addebitabilità al resistente.
Analogamente, anche la domanda di addebito formulata marito nei confronti della moglie, basata sull'abbandono da parte di quest'ultima della casa coniugale, viene respinta.
Difatti, per giurisprudenza pacifica, l'abbandono della casa coniugale, per quanto effettuato unilateralmente da una delle parti, ossia senza il consenso dell'altro coniuge, pur se costituente di per sé violazione dei doveri coniugali, non integra violazione rilevante per l'addebito laddove la stessa appaia legittimata da una "giusta causa", integrata dalla presenza di situazione di fatto , di avvenimenti o comportamenti altrui di per sé incompatibili con la protrazione della convivenza, ossia tali da non rendere più esigibile la pretesa di coabitare.
Nel caso in esame l'abbandono della casa coniugale è legittimata da una giusta causa: l'abbandono, infatti, è stato posto in essere all'esito di una sorta di escalation di litigi tra le parti, sicché tale violazione non ha assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, essendo la stessa intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, attesa la frequenza e la intensità dei litigi tra le parti.
In virtù di tanto, il Giudice rigetta entrambe le richieste di addebito.
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Nel 2010 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Bari; nel 2012 ho conseguito sia il Diploma di Specializzazione per le Professioni Legali presso l'Ateneo Barese che il Diploma di Master di II livello in "European Security and geopolitics, judiciary" presso la Lubelska Szkola Wyzsza W Rykach in Polonia.
Esercito la professione forense nel Foro di Bari, occupandomi prevalentemente di diritto civile ( responsabilità contrattuale e extracontrattuale, responsabilità professionale e diritto dei consumatori); fornisco consulenza specialistica anche in materia penale, con applicazione nelle strategie difensive della formula BARD.