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A chi commette una rapina a danno di un congiunto convivente, va applicata l´aggravante.


I giudici della Cassazione, Seconda Sezione Penale , con la sentenza n. 30959 del 20 luglio 2016, hanno affermato che anche nell´ipotesi di rapina a danno di un congiunto convivente deve applicarsi l´aggravante prevista dall´art. 628 comma 3 n. 3 c.p. e che a tal fine non rileva se il congiunto vittima del reato aveva prestato il consenso all´ingresso nei locali individuati dall´art 624-bis c.p.

Nel caso di specie i giudici della Corte di Cassazione avevano rigettato il ricorso proposto contro la sentenza della Corte di Appello che aveva confermato la sentenza di condanna nei confronti dell´imputato resosi colpevole del reato di rapina aggravata in appartamento prevista dall´art 628 con l´aggravante del comma 3 n. 3. Ciò in quanto la rapina era stata commessa a danno della propria nonna nella sua dimora.
La difesa aveva proposto il ricorso sostenendo che non andava applicata l´aggravante in quanto la vittima aveva prestato il proprio consenso all´ingresso dei locali dalla stessa abitati e che addirittura si trattava proprio del luogo di residenza dell´imputato.
I giudici invece hanno fatto evidenziare che i rapporti di parentela e l´iniziale consenso all´ingresso nella dimora, non potevano avere alcuna rilevanza nel caso concreto, infatti il legislatore ha previsto l´applicazione dell´aggravante al fine di tutelare con più forza i fatti delittuosi che si verifichino all´interno della dimora della vittima per sottolineane la inviolabilità.
I giudici di legittimità fanno inoltre evidenziare che nelle previsioni del legislatore, è proprio il riferimento oggettivo ad assumere particolare valenza a prescindere quindi delle modalità di accesso e dai rapporti personali tra l´imputato e la vittima. A tal fine richiamano una precedente pronuncia dei giudici di legittimità (Sez. 2, n. 48584 del 14/12/2011, Rv. 251756)
Senza dire comunque che la previsione di non punibilità prevista dall´art 649 c.p. non è applicabile al caso concreto in quanto il legislatore ne ha previsto la non applicabilità ai " delitti preveduti dagli artt. 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone".
Per tali motivi è stato rigettato il ricorso proposto.
Segue sentenza allegata



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