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Vendita opere d’arte: impresa o attività amatoriale?

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Riferimenti normativi: Artt. 55 – 67, comma 1, lett. d), T.U.I.R.

Focus: Con il diffondersi di mercati dell'antiquariato e delle piattaforme di vendita online nel settore si assiste, negli ultimi anni, all'incremento dell'attività di compravendita di opere d'arte e di beni di antiquariato o di collezioni di opere di notevole pregio artistico e grande valore economico. E' difficile distinguere tra il collezionista puro, il commerciante in arte e l'investitore speculativo poiché tale attività non è regolamentata da una specifica disciplina fiscale.Trattandosi, comunque, di attività che produce ricchezza sulla cui natura commerciale o meno sussistono incertezze tali da generare notevole contenzioso in materia, a seguito dei recuperi a tassazione di tale attività da parte dell'amministrazione finanziaria, è stata recentemente sollevata l'interrogazione parlamentare 5-01718/2019.

Principi generali: L'art.55 del Testo unico delle imposte sui redditi contempla tra le attività commerciali, svolte per professione abituale, che generano reddito d'impresa, l'attività dei mercanti d'arte che, anche in assenza di un'organizzazione imprenditoriale, esercitano un'attività intermediaria di circolazione dei beni, ex art.2195 c.c., anche se non esclusiva. In merito a ciò la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui la nozione tributaristica dell'esercizio di imprese, ai sensi dell'art.55 T.U.I.R. non coincide con quella civilistica di cui all'art.2195 c.c. in quanto affinché possa parlarsi di attività di impresa è rilevante l'abitualità dell'attività e si prescinde dall'organizzazione (Cass. sentenza n.2711/2006). 

Secondo l'orientamento della Suprema Corte il requisito dell'abitualità deve, dunque, essere valutato volta per volta tenendo conto della rilevanza delle operazioni economiche poste in essere ed alla loro complessità. Ciò premesso possiamo, perciò, individuare tre soggetti che interagiscono nel mercato dell'arteIl mercante d'arte che esercita professionalmente ed abitualmente il commercio di opere d'arte per trarre un profitto dall'incremento di valore delle medesime opere.

Il venditore speculatore che acquista occasionalmente opere d'arte per cederle in futuro e conseguirne un utile. E, infine, il collezionista che, spinto da un sentimento amatoriale, acquista le opere per incrementare la propria collezione senza avere l'obiettivo di rivenderla per ottenere una plusvalenza. Il mercante d'arte produce reddito di impresa, ex art.2195 c.c., poiché svolge professionalmente ed abitualmente un'attività intermediaria di circolazione dei beni, anche in assenza di un'organizzazione imprenditoriale per trarre profitto. Quando, invece, si è in presenza di persone fisiche che effettuano acquisti saltuari di opere d'arte finalizzati a successive cessioni a scopo di lucro, i redditi prodotti dalle cessioni costituiscono redditi diversi, anziché redditi di impresa, e sono disciplinati dall' art.67, comma 1, lett.i) T.U.I.R. Ciò, però, si verifica solo se la compravendita di oggetti di antiquariato, ad esempio lotti di oro e altri oggetti preziosi usati dalle case d'asta, genera un importo rilevante e, quindi, l'attività svolta dal contribuente, che acquista e rivende le opere in via non abituale, è posta in essere mediante una serie di atti preordinati e connessi tra loro posti in essere con finalità speculative (Cass. sentenza n. 8196/2008).

Infine, non è soggetta ad alcuna imposizione l'attività amatoriale del privato che vende beni ricevuti da una donazione o a seguito di eredità, così come quella del collezionista è un'attività fiscalmente irrilevante poiché non sussiste una pluralità di atti collegati e preordinati al conseguimento di un reddito. Altresì, come confermato dall'Agenzia delle Entrate con risoluzione n.5/E/2001, non svolge attività commerciale un'associazione che, dopo aver ricevuto in donazione delle opere d'arte le vende all'asta << allo scopo di assicurare all'ente le risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento delle attività volte al raggiungimento dei propri fini istituzionali>>, non sussistendo <<l'ele-mento dell'intermediazione nello scambio dei beni ma una semplice operazione di dismissione patrimoniale>>. Se in teoria, dunque, è agevole individuare le differenze tra le diverse fattispecie, è difficile stabilire il confine pratico tra le stesse nei casi concreti.

Manca, in buona sostanza, una linea giuridica certa ed inequivocabile nell'individuare, nelle varie fattispecie, il requisito della commercialità dell'attività per cui il contribuente difficilmente può esercitare il proprio diritto di difesa.

L'abitualità, come detto in premessa, è la condizione per qualificare o meno la sussistenza dell'attività come commerciale e ciò si rileva, oltre che dall'art. 55 T.U.I.R., anche dalla sent. n.56/2011 della C.T.P.di Firenze che ha considerato attività di impresa la compravendita di oggetti, su una nota piattaforma di aste online, posta in essere da un soggetto tenendo conto dell'ampio arco temporale di sette anni durante cui si sono svolte le vendite, e del numero elevato di transizioni durante l'anno. Anche la Corte Suprema con la sentenza n. 8196/2008 ha dichiarato esistente un'attività commerciale in presenza di elementi significativi quali il numero di transizioni effettuate, gli importi elevati, il quantitativo di soggetti con cui venivano intrattenuti rapporti, varietà di tipologia dei beni alienati. Elementi che dimostravano la sistematicità e la professionalità dell'attività di impresa. Inoltre, ha affermato il principio per cui, ai fini impositivi, non rileva che il profitto conseguito sia capitalizzato in beni e non in denaro in quanto porta intrinsecamente un arricchimento del patrimonio personale del soggetto.

In conclusione, in considerazione della grave crisi del settore, nella risposta all'interrogazione parlamentare 5-01718/2019 è stato affermato che i redditi derivanti dalla cessione di opere d'arte possono risultare imponibili in base all'art.67, comma 1, lett.d) T.U.I.R. e che la dimostrazione del carattere occasionale o meno dell'attività commerciale implica sovente complesse attività di analisi dagli esiti spesso incerti, finalizzate a ricostruire una pluralità di atti - anche compiuti nell'arco di diversi anni - tra loro collegati e preordinati al conseguimento di un reddito.Tale attività può rientrare, perciò, tra quelle produttive di reddito di impresa o risultare non imponibile qualora non sussistano i presupposti per considerarla commerciale.

 

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