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Legale abusa di cliente in studio, condannato, SC: "Può essere provata da sola deposizione persona offesa"

Nell´ambito dell´accertamento di reati sessuali, la deposizione della persona offesa, anche se non equiparabile a quella del testimone estraneo, è sufficiente ad integrare la prova della colpevolezza, se l persona sentita appaia credibile.

I giudici della Terza Sezione della Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 20884 del 3 maggio 2017, hanno inoltre stabilito che per potere avere rilevanza la tesi sulla ricostruzione dei fatti così come fornita dall´imputato, in contrasto con quella resa dalla parte offesa, in mancanza di altri elementi probatori, è necessario che l´imputato l´abbia resa personalmente durante il processo, non essendo sufficiente a tal fine una mera prospettazione del difensore.

Nel caso di specie era accaduto che l´imputato-avvocato era stato condannato per il reato di violenza sessuale a danno di una propria cliente all´interno del proprio studio.

Lo stesso proponeva ricorso in cassazione adducendo tra gli altri motivi che la vittima era stata consenziente, che nessun dissenso era stato dalla stessa palesato durante il rapporto e che nella sua ricostruzione dei fatti si presentavano punti contraddittori ed inverosimili anche in riscontro alle circostanze rappresentate da una delle collaboratrici dello studio sentita come teste.

I giudici della Corte dopo essersi soffermati sul valore da attribuire alle dichiarazioni della parte offesa quale unica fonte probatoria, richiamando le varie pronunce della stessa Corte (ex plurimis, Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104; Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214; Sez. 3, nn. 45700 e 45699 del 26/10/2011; Sez. 3, n. 28913 del 03/05/2011, Rv. 251075), hanno ribadito come "nell´ambito dell´accertamento di reati sessuali, la deposizione della persona offesa, seppure non equiparabile a quella del testimone estraneo, può essere assunta anche da sola come fonte di prova della colpevolezza, ove venga sottoposta ad un´indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l´ha resa, dato che in tale contesto processuale il più delle volte l´accertamento dei fatti dipende necessariamente dalla valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall´esterno, all´una o all´altra tesi (ex multis, Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, Rv. 251661)".

Infine hanno avuto modo di affermare il principio secondo cui, comunque, non può darsi alcun valore "alle censure difensive basate sul presupposto, erroneo in punto di diritto, che la mera prospettazione da parte della difesa dell´imputato di una circostanza mai introdotta nel processo dall´imputato personalmente e che si pone in contrasto con quanto riferito dalla persona offesa possa di per sè rilevare ai fini della verifica dell´attendibilità di quest´ultima."
Per tali motivazioni il ricorso è stato, dunque, dichiarato inammissibile.
Si allega sentenza


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