Un grave
lutto ha colpito l´Avvocatura italiana e il Foro di Napoli in particolare.
Dopo una lunga malattia, ed ancora giovanissima, si è spenta Eleonora Campione, civilista e tributarista di indubbio spessore ma soprattutto - a giudizio unanime dei Colleghi che la conobbero o semplicemente la incrociarono - donna solare e gentile con tutti.
Una gran bella persona.
Una di quelle che, quando transita dall´altra parte, lascia un vuoto incolmabile ben oltre la cerchia dei propri familiari, al cui enorme dolore ci associamo.
Che si tratti di una perdita immensa è anche dimostrato dal coro unanime di cordoglio e di vicinanza di tantissime Colleghe e Colleghi, che di Eleonora hanno apprezzato non solo lo spessore umano e le capacità professionali, ma anche l´impegno a beneficio di tutta l´Avvocatura, in questo momento difficile della sua storia.
Un impegno che Eleonora ha assicurato, circostanza che la dice lunga sulla Sua caratura morale, anche quando era stata già aggredita da un male che ha cercato di combattere con ogni mezzo, mantenendo pur sempre ferma la propria serenità interiore.
Insomma, se n´è andata una persona speciale.
Una di quelle persone che hanno fatto onore all´Avvocatura, e al Foro partenopeo in particolare.
Per questo, la nostra redazione lo studio tutto si stringe intorno, oltre che ai familiari, anche ai colleghi del Foro e a quanti ebbero la fortuna di conoscere Eleonora Campione.
Per i funerali, che si terranno oggi, la Famiglia ha dispensato dai fiori. Essi saranno celebrati a Napoli, alla Chiesa di San Francesco, a Via Aniello Falcone, alle 16.30.
È proprio ad Eleonora vogliamo dedicare uno splendido brano di Piero Calamandrei, un brano non a caso, un brano che si dedica alle persone speciali.
Eccolo, Eleonora.
La terra ti sia lieve.
"Molte professioni possono farsi con il cervello e non con il cuore; ma l´avvocato no!
L´avvocato non può essere un puro logico né un ironico scettico,
l´avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé; assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambascie. Per questo amiamo la nostra toga; per questo vorremmo, che quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero al quale siamo affezionati, perché sappiamo che esso è servito ad asciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia".
(Piero Calamandrei)