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Trent´anni di trincea, grazie a tutti. Il bilancio di un Principe del Foro: "Io, uno di 250mila"

Giuseppe Caravita di Toritto, uno di duecentocinquantamila, come lui ama definirsi. Avvocato, scrittore, blogger, uno dei volti più conosciuti al grande pubblico della avvocatura italiana. Una persona, prima ancora che un professionista, di grande e rara sensibilità ed umanità, quelle che trasudano a piene mani dai suoi scritti. Con il suo ultimo post su Facebook ha raccontato, tracciando un bilancio, i suoi primi 30 anni di professione. Un racconto che tutti noi dovremmo leggere e meditare.

Io questo so fare. Questo è il mio mestiere, questo è il lavoro che mi permette di campare una famiglia, di avere grandi soddisfazioni, grandi paure, palpitazioni e soddisfazioni. Facendo questo mestiere ho imparato a riconocere i Colleghi veri dai loro occhi, dove vedo le stesse mie emozioni: rabbia, gioia, indignazione, forza, paura, entusiasmo, ironia, a volte lacrime, a volte felicità.

La pensione? Non ci ho mai pensato, credo che non ci arriverò mai, perchè ho lavorato molto all´estero. Le tasse? pagate. I contributi? pagati. Con difficoltà sempre crescente, ma non mi fermo per quello.

Se ci fosse più rispetto per il nostro ruolo, se ci fosse una giustizia più rapida, se le cose funzionassero meglio, se non si dovesse combattere per ogni lira che si deve riscuotere (lo so, ci sono gli euro, ma io sono vecchio, lira mi viene meglio) a me andrebbe bene.

Mollare mai. E penso a quello che mi ha detto un pò di tempo fà un avvocato di settanta e passa anni, un gran signore: mi ha parlato del giorno della sua laurea, e di come, discussa la tesi, si fosse fermato sulla lunga scalinata che alla Sapienza porta su alla Facoltà di Giurisprudenza, si fosse domandato, prima ancora di cominciare a scendere: "E adesso che faccio?"

Ecco, noi avvocati questo "E adesso che faccio?" ce lo domandiamo tutti i giorni. Non c´è un lavoro più ricco di insidie e di incertezze del nostro. No, veramente non c´è. Ma per favore, non pensiamo solo al brutto.

Ci sono momenti bellissimi nella nostra professione: e non cominciatemi a dire "Adesso non è più come una volta".
"Adesso" e basta non è mai esistito: c´è sempre un prima e c´è sempre un dopo. Ogni generazione di avvocati si è scontrata con enormi difficoltà, che apparivano insormontabili. Pensate agli avvocati che ricominciarono a lavorare nella Italia dell´immediato dopoguerra. Pensate alle donne, emarginate in quanto donne: solo nel 1965 poterono accedere alla Magistratura, tanto per fare un esempio. Pensate a quello che una volta non c´era e che oggi rende questa professione rapida e veloce. Guardiamo avanti. Andiamo avanti. Si combatte sino all´ultimo respiro: che Dio ci regali una morte con le scarpe (proverbio slavo, per chiedere di morire combattendo).

Giuseppe Caravita di Toritto,
uno di duecentocinquantamila

 

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