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Timbratura del dipendente, quando è legittimo il licenziamento

La Suprema Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con sentenza 11 ottobre - 14 dicembre 2016, n. 25750, si è chiaramente espressa in ordine alla problematica sempre più frequente delle false timbrature dei dipendenti, statuendo che nei casi di falsificazione, a prescindere dal concreto "modus operandi" non si può che incorrere nella fattispecie di licenziamento disciplinare di cui all´art. 55 quater c. 1 lett. a) del D. Lgs. n. 165 del 2001.
Antefatto
La Corte di Appello di Napoli respingeva l´appello proposto dall´Inps, avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento irrogato a M.C. La Corte territoriale rilevava, infatti, che al M. era stato contestato di avere tratto in inganno il datore di lavoro in ordine all´orario di servizio prestato per essersi allontanato, con inganno, senza alcuna autorizzazione dall´ufficio, a fronte del sistema di rilevazione delle presenze a mezzo "badge" che attestava l´entrata e l´uscita dal lavoro.
La Corte Territoriale, contrariamente a quanto poi statuito dai Supremi Giudici, escludeva la sussumibilità della condotta addebitata nella fattispecie disciplinare prevista dall´art. 2 c. 9 lett. a) del CCNL, sostanzialmente riproduttiva di quella prevista dall´art. 55 quater c. 1 lett. a) del D. Lgs. 165/2001, sul rilievo della indimostrata sussistenza di modalità fraudolente, non oggetto di specifica indicazione nella contestazione disciplinare e perché il M. si era solo allontanato dall´ufficio senza richiedere la prescritta autorizzazione.
I Supremi Giudici, chiamati a dirimere la controversia, hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dal datore di lavoro, accogliendolo.
Le ragioni della decisione
Con la decisione in commento, il Supremo Collegio ha ritenuto che il comportamento contestato al M. fosse sussumibile entro la fattispecie astratta prevista dalla disposizione sopra richiamata, che punisce con il licenziamento la "falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l´alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente". Attraverso la mancata segnalazione dell´uscita nel sistema di rilevazione della presenza in servizio, da effettuarsi attraverso il sistema di "timbratura", era infatti risultata attestata falsamente, e con l´elusione del sistema di rilevamento, una circostanza non vera e cioè la presenza in servizio del M. .
La sentenza impugnata, non essendosi il giudice del merito attenuto ai principi sopra richiamati, è stata quindi cassata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, cui la Suprema Corte ha indicato, come segue, i principi di diritto cui attenersi:
"Ai sensi dell´art. 55 quater c. 1 lett. a) del D. Lgs. n. 165 del 2001, la registrazione effettuata attraverso l´utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell´intervallo compreso tra le timbrature in entrata ed in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita".
"La fattispecie disciplinare di cui all´art. 55 quater c. 1 lett. a) del D. Lgs. n. 165 del 2001 si realizza non solo nel caso di alterazione/manomissione del sistema, ma in tutti i casi in cui la timbratura, o altro sistema di registrazione della presenza in ufficio, miri a far risultare falsamente che il lavoratore è rimasto in ufficio durante l´intervallo temporale compreso tra le timbrature/registrazioni in entrata ed in uscita".
La Corte ha quindi accolto in tali termini il ricorso proposto.
Sentenza allegata


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