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T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 21/10/2015, n. 1333 (Società pubbliche)

E´ legittima la scelta operata dal comune di Brescia di alienare la quota del 44% del capitale sociale della società "Centrale del Latte di Brescia s.p.a.", posseduta al 96% dal comune stesso, per consentire di "perseguire gli obiettivi economico-finanziari, consistenti nel reperimento di risorse per gli investimenti programmati e nel rispetto dei vincoli imposti dalla normativa sul patto di stabilità, e al contempo di cogliere l´occasione di valorizzare e favorire lo sviluppo industriale e commerciale dell´azienda tramite il possibile ingresso di nuovi soci, mantenendo il controllo della società e fissando dei limiti minimi e massimi alle azioni acquistabili". Pertanto, non sussiste la violazione dell´art. 42 del D.Lgs. n. 267/2000, in quanto gli atti attuativi posti in essere dal comune non hanno travalicato i criteri e i limiti fissati dal consiglio comunale per la dismissione del proprio pacchetto azionario. Legittimamente, infatti, il consiglio comunale ha dettato le regole idonee a disciplinare la cessione del proprio pacchetto azionario. Attraverso esse, però, non ha inteso, né avrebbe potuto intendere (esulando ciò dalla sua competenza), regolamentare gli effetti concreti della cessione a terzi delle proprie azioni. Il consiglio comunale, dunque, ha fissato i limiti minimi e massimi di partecipazione azionaria acquisibile dalla cessione dei propri titoli, così da evitare, da un lato, l´eccessiva frammentazione del capitale e, dall´altro, l´eccessiva concentrazione dello stesso. In altre parole esso ha così perseguito l´obiettivo di massimizzare l´interesse pubblico perseguito mediante la cessione delle azioni, evitando un indesiderabile eccessivo allargamento della compagine sociale (e i conseguenti effetti negativi che ciò avrebbe determinato in termini di controllo della gestione e di scelta delle politiche della società), ma anche l´accaparramento di azioni da parte di soggetti terzi che avrebbero, altrettanto indesideratamente, potuto, conseguentemente, tentare di ottenere il controllo delle politiche di gestione della Centrale del latte. Lo stesso organo, però, non aveva alcun titolo per arrogarsi il potere di fissare un limite massimo di partecipazione al capitale sociale complessivamente considerato e, dunque, alla quota azionaria acquisita mediante l´acquisto di azioni da parte di una pluralità di soggetti diversi.

 

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