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Sul reato di "molestia olfattiva": a proposito della recente sentenza della Cassazione

Con la recente sentenza n.14467 del 24 marzo 2017, la Cassazione, sez. III Penale, ha definito come "reato di molestia olfattiva", nell´ambito dell´art.674 c.p., le emissioni di odori di cucina quali frittura, sugo o cibi molto speziati che possono molestare terze persone se si supera il "normale livello di tollerabilità" che è a discrezione del giudice.

scritto da Carmela Patrizia Spadaro*

Tale sentenza è stata emessa in ambito di una lite condominiale tra due famiglie che si sono scontrate sulle immissioni di fumi, odori e rumori provocate dai proprietari di un appartamento al pianoterra del fabbricato a danno dei proprietari del sovrastante appartamento del terzo piano.
L ´art.674 c.p. statuisce che "chiunque ......omissis........, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l´arresto fino ad un mese o con l´ammenda fino a duecentosei euro".
A tali comportamenti è stata ascritta la produzione di odori forti e fastidiosi, quali quelli su cui si è pronunciata la Corte Suprema.

La giurisprudenza di legittimità, con la sentenza n.2240 del 18/01/2017, si era già occupata dell´art.674 c.p. con riguardo agli odori derivanti da attività industriali, le cui emissioni sono state inquadrate nel reato di "getto pericoloso di cose".
Con precedente sentenza n.45255 del 26/10/2016, la Corte si era pronunciata condannando la titolare di una pizzeria al pagamento di un´ammenda ed al risarcimento dei danni alla parte civile in relazione al reato di cui all´art.674 c.p. per avere l´imputata cagionato disturbo agli inquilini residenti negli appartamenti posti al di sopra del locale, a causa dei cattivi odori derivanti dalla cottura delle pizze nell´esercizio commerciale che, sulla base delle prove testimoniali, si avvertivano anche a finestre chiuse, nel vano scala, nel garage e persino all´interno degli appartamenti sovrastanti. Ciò oltre il limite della normale tollerabilità di cui all´art.844 c.c. che fungerebbe da parametro per valutare la rilevanza penale o meno delle emissioni di cui all´art.674 c.p.
In pratica, ci si troverebbe di fronte ad un "caso con consentito dalla legge" e, come tale, penalmente rilevante ex art.674 c.p., ogniqualvolta l´emissione di fumi, gas o vapori venga qualificata non tollerabile in base al parametro civilistico dell´art.844 c.c.

Poiché non esiste una normativa statale che preveda disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, in caso di "molestie olfattive" da attività, comunque, autorizzata, spetta al giudice penale valutare la legittimità delle emissioni alla stregua del criterio della "normale tollerabilità" di cui all´art.844 c.c. (sez.3, n.34896 del 14/07/2011, Ferrara, Rv.250868) senza che a tal fine sia necessario disporre perizia, potendo il giudice logicamente trarre elementi per ritenere l´oggettiva sussistenza del reato da prove di altra natura, quale ad esempio la prova testimoniale di soggetti a diretta conoscenza dei fatti come i vicini, o di soggetti qualificati come gli agenti di polizia o gli organi di controllo delle Aziende sanitarie.

La giurisprudenza di legittimità ha precisato che le esalazioni di odori moleste, per integrare la fattispecie prevista dall´art.674 c.p. devono essere tali da causare un fastidio fisico apprezzabile (es. nausea, disgusto) e avere un impatto negativo, anche psichico, sull´esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione ( es .necessità di tenere le finestre chiuse, difficoltà di ricevere ospiti) comprovante quel minimo di permanenza della condotta che connota la fattispecie de quo ( Cass.Pen., sez.III, sent.n.3678 dell´1/12/2005).

Infine, è importante sottolineare la connessione tra l´azione risarcitoria proposta in sede civile ed il processo penale, come evidenziato dalla Corte nella sent. n.45255 del 26/10/2016.

In buona sostanza, a norma dell´art.75, comma 3, c.p.p se l´azione risarcitoria è proposta in sede civile dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione.
Di conseguenza, l´introduzione del giudizio civile non provoca l´estromissione della parte civile dal giudizio penale, essendo prevista legislativamente la sospensione del primo fino al passaggio in giudicato delle statuizioni contenute nella sentenza penale.
* Carmela Patrizia Spadaro è avvocato in Catania e collaboratrice della Redazione.





 

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