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"Si chiamava Dora, come mia figlia, mi insegnò la gentilezza". Il ricordo di Nando Dalla Chiesa

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Questa giovane e bellissima donna è mia madre, ha scritto Nando Dalla Chiesa. Si chiamava Dora, come mia figlia, che non potè conoscerla. Mi insegnó la gentilezza: che se si può regalare un sorriso bisogna farlo. Se ne andò un 19 di febbraio, il cuore travolto da anni di paure per il proprio uomo.

Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale, Dora l'aveva sposata nel 1946, a ventisei anni. Un grande amore. Un anno dopo era nata Rita, dopo altri due Nando, nel '52 Simona, la piccola di casa. 

Il tempo di crescere i figli, seguendo il proprio uomo in ogni impresa, poi il 19 febbraio 1978 Dora è stroncata in casa a Torino da un infarto. Il generale si dispera, poi accetta la nomina a Coordinatore delle Forze di Polizia per la lotta al terrorismo. Ho perso Dora, mi dedicherò alla mia patria. Dal governo, le bestie sentirono quelle parole, sorrisero, poi lo mandarono, solo come un cane, a morire a Palermo.

 Forse fu proprio Dora, il suo primo amore, la madre dei suoi figli, a mandargli un angelo, di nome Emanuela, perchè gli stesse accanto al suo posto. Il suo cuore era predisposto. Aveva scelto di essere un'infermiera, di soccorrere i malati nella Croce Rossa. Promise di stargli accanto, lo fece, fino all'estremo sacrificio, che li ricongiunse nel Cielo dei giusti, che ospita quanti molto amarono in vita.

Tutti sanno della favola di Carlo Alberto e Emanuela e del suo epilogo tragico. Oggi, con Rita, Nando e Simona il mio e nostro ricordo è per Te, Dora. I tuoi passi sempre dietro di me, mamma, ha scritto ieri Rita. Si, come ogni madre, non te ne sei mai andata, sei solo passata dall'altra parte. Riposa in pace.

 

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