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Con ordinanza n. 5502 del 26 febbraio 2019, la Corte di Cassazione ha stabilito che il trattamento economico dei medici specializzandi previsto dalla Direttiva 93/16/CEE, recepita dal d.lgs. n. 368/1999, per effetto dei ripetuti differimenti relativi all'adozione delle misure di adeguamento della remunerazione dovuta a tali soggetti, si applica solo a decorrere dall'anno accademico 2006-2007. Per gli specializzandi iscritti agli anni antecedenti trova attuazione il d.lgs. n. 257/1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico e ciò in considerazione del fatto che la direttiva in questione, rispetto a quest'ultima normativa, non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio.
Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.
I fatti di causa.
I ricorrenti, dopo avere conseguito la laurea in medicina, si sono iscritti alle scuole di specializzazione organizzate da tre atenei tra il 2000 e il 2005. Per questo periodo, essi hanno percepito la borsa di studio prevista dal d.lg. n. 257/1991. I ricorrenti, tuttavia, hanno lamentato che:
In forza di tanto, quindi, essi hanno chiesto la condanna delle amministrazioni convenute a pagar loro la differenza tra la remunerazione prevista dalla Legge n. 266/05, che ha concretamente attutato le misure innanzi dette, e quella effettivamente percepita. È accaduto che sia in primo che in secondo grado, la domanda dei ricorrenti è stata rigettata.
Così il caso è giunto dinanzi alla Corte di cassazione.
La decisione della SC.
Innanzitutto, è opportuno far rilevare che la direttiva in questione è stata emanata al fine di garantire la libera circolazione dei medici sul territorio comunitario e agevolare il reciproco riconoscimento dei diplomi, dei certificati e di altri titoli conseguiti da tali soggetti. La direttiva disciplina anche la questione relativa alla formazione dei medici specialisti. In particolare, essa stabilisce che:
Stante quanto stabilito dalla direttiva, secondo i ricorrenti i Giudici di merito hanno errato nel non riconoscere le differenze richieste in quanto, a loro dire, non hanno tenuto conto del fatto della responsabilità dello Stato italiano per la tardiva attuazione dalla normativa comunitaria. Infatti, sempre a loro parere, la direttiva in esame «ha imposto agli Stati membri l'obbligo di remunerare adeguatamente i medici specializzandi ed è sufficientemente dettagliata; cionondimeno la direttiva è stata recepita dall'Italia solo nel 1999, e per di più le concrete misure di attuazione di essa sono state, per espressa previsione di legge, differite sino al 2006». Ne consegue che i giudici dei gradi precedenti, rigettando la domanda proposta dai ricorrenti, secondo questi ultimi, avrebbero violato il principio di effettività del diritto comunitario».
Di diverso avviso è la Suprema Corte di cassazione che in punto richiama l'ormai pacifico orientamento della giurisprudenza, secondo cui ««la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dall'art. 39 del d.lgs. n. 368 del 1999, si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall'anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla disciplina di cui al d.lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacché la Direttiva 93/16/CEE non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui alla normativa appena citata» (Cass. nn. 24805/2018; n. 24804/2018; 24803/2018; 24802/2018; 24708/2018; 20419/2018; 6355/2018, 13445/2018, 4449/2018). Questo resta immutato sebbene il ricorso sia anteriore alla formazione di tale orientamento e ciò in considerazione del fatto che i ricorrenti non hanno dedotto argomenti giuridici convincenti e idonei a superarlo. Per questo motivo, secondo la Corte di cassazione il ricorso è inammissibile. Un'inammissibilità, questa, che, a parere dei giudici di legittimità, appare ancora più evidente laddove si consideri che la direttiva 93/16/CEE nel far riferimento all'adeguata remunerazione non ne determina una soglia minima. Se a questo si aggiunge il fatto che la remunerazione originariamente prevista non può essere ritenuta inadeguata solo perché in seguito sia stata stabilita una più cospicua, appare ancora più evidente l'infondatezza del ricorso. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Suprema Corte di cassazione ha rigettato l'impugnazione.
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Il mio nome è Rosalba Sblendorio. Sono una persona estroversa e mi piace il contatto con la gente. Amo leggere, ascoltare musica e viaggiare alla scoperta delle bellezze del nostro territorio. Adoro rigenerarmi, immergendomi nella natura e per questo, quando posso, partecipo ad escursioni per principianti. Ho esercitato la professione da avvocato nel foro di Bari. Per molti anni ho collaborato con uno Studio legale internazionale, specializzato in diritto industriale, presso il cui Ufficio di Bari sono stata responsabile del dipartimento civile e commerciale. Mi sono occupata prevalentemente di diritto civile, diritto commerciale e diritto della proprietà intellettuale.