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I giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 30114 del 4 luglio 2018, hanno stabilito che è legittimo il provvedimento cautelare dell'allontanamento urgente dalla casa familiare disposto dalla polizia giudiziaria previa autorizzazione del pubblico ministero, quando il destinatario del provvedimento sia stato colto in flagranza di uno dei reati previsti dall'art. 282 bis 6 comma c.p.p..
Nel caso di specie il soggetto allontanato aveva profferito, a danno della convivente, frasi di minaccia grave in presenza di ufficiali di P.G.
I fatti
Tizio a seguito di una serie di minacce gravi pronunciate in presenza degli agenti di polizia giudiziaria nei confronti della propria convivente, veniva indagato del reato di cui all'art 612 comma 2 c.p. e fatto oggetto di provvedimento di allontanamento dalla casa familiare ex ex art. 384 c.p.p..
Il Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Verbania con propria ordinanza, non convalidava l'applicazione della misura dell'allontanamento urgente dalla casa familiare.
Avverso il provvedimento del Gip proponeva ricorso il Procuratore della Repubblica di Verbania, denunciando erronea applicazione delle norme penali di cui all'art. 612 c.p., comma 2, e artt. 382 e 384 bis, in relazione all'art. 202 bis c.p., comma 6, nonchè del principio di correlazione fra chiesto e pronunciato.
Il Procuratore sosteneva che il Gip aveva travisato la qualificazione giuridica del fatto, risultava infatti che la fattispecie concreta era sussumibile nell'ipotesi di minaccia grave ex art. 612 c.p., comma 2, e non nel delitto di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., invece vagliato dal Giudice. Tra l'altro faceva rilevare che la minaccia grave era stata pronunciata in presenza della polizia giudiziaria, circostanza integrante di per sè la flagranza del reato.
Motivazione
Il ricorso è stato ritenuto fondato e meritevole di accoglimento dai giudici del Supremo Collegio.
Infatti secondo i giudici di legittimità il G.I.P. è incorso in evidente errore ritenendo che la misura dell'allontanamento di urgenza dalla casa familiare. fosse stata adottata dalla Polizia Giudiziaria, autorizzata dal P.M., perchè colto nella flagranza del delitto di atti persecutori ex art. 612 bis c.p..
Il reato per cui si procedeva erano invece una serie di minacce gravi, ex art. 612 c.p., comma 2, ("ti avviso che te la farò pagare"; "ti rovino quel bel musino che hai"; "sei solo mia, se ti vedo con altri ti ammazzo, faccio una strage, ti massacro"), le ultime delle quali ("Arrestatemi, voglio essere arrestato perchè ho provato ad ucciderla"; "mi arresti, mi arresti perchè altrimenti l'ammazzo"), pronunciate in presenza di ufficiali di polizia giudiziaria e riferite nella relazione di servizio.
La motivazione adottata dal GIP è stata considerata dai giudici di legittimità non pertinente e palesemente extra petita nell'ignorare il requisito della flagranza.
Gli agenti di PG hanno agito in perfetta osservanza delle regole che disciplinano l'istituto dell'allontanamento. L'art. 384 bis c.p.p. infatti attribuisce agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria la facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l'allontanamento urgente dalla casa familiare nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all'art. 282-bis, comma 6. Questa ultima norma include nel suo elenco il delitto di cui all'art. 612 c.p., comma 2, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente.
Infine i giudici della Quinta Sezione hanno stabilito che il provvedimento impugnato va annullato "senza rinvio perchè l'allontanamento è stato effettuato legittimamente, in quanto trattasi di situazione nella quale appare superfluo lo svolgimento di un giudizio rescissorio con riferimento ad una fase ormai esauritasi, e nella quale il giudice di merito dovrebbe limitarsi a statuire formalmente sulla correttezza della iniziativa a suo tempo assunta dalla polizia giudiziaria (Sez. 6, n. 49482 del 10/11/2015, P.M. in proc. H, Rv. 265531; vedasi inoltre con riferimento all'analoga situazione del diniego di convalida dell'arresto in flagranza: Sez. 5, n. 21183 del 27/10/2016 - dep. 2017, Vattimo, Rv. 270042; Sez. 6, n. 12291 del 01/03/2016, P.M. in proc. Tapia Diaz, Rv. 266868; Sez. 6, n. 13436 del 23/02/2016, P.M. in proc. Obien, Rv. 266734; Sez. 5, n. 15387 del 19/02/2016, P.M. in proc. Cosman e altro, Rv. 266566). "
Si allega sentenza
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L´Avv. Giovanni Di Martino, coordinatore dello Studio insieme all´Avv. Pietro Gurrieri, nel 1986 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Catania. Da oltre 25 anni esercita la professione di avvocato con studio in Niscemi (CL) ed è iscritto all´Albo degli avvocati del Consiglio dell´Ordine di Gela oltre che in quello speciale dei Cassazionisti e in quello delle altre Giurisdizioni Superiori.
Ha ricoperto la carica di amministratore del Comune di Niscemi (CL) e quella di Vice Presidente Nazionale della Associazione "Avviso Pubblico Enti Locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie" (2007-2013),
Nel corso della sua carriera professionale ha assunto il patrocinio in favore di numerosi soggetti privati ed enti pubblici sia in sede giudiziaria ed extragiudiziaria, in diverse materie di diritto civile.