Una volta revocato lo stato di adottabilità di una bambina, la Corte d´appello dispone l´attivazione di un progetto a sostegno della funzione genitoriale del padre, disponendo l´affido etero familiare della minore, per un periodo di due anni.
L´omesso esame circa la reale volontà del padre di assumere il suo ruolo genitoriale presta ai giudici il motivo per cassare la sentenza impugnata.
Questo l´avviso della Cassazione, I sezione Civile, espresso con sentenza n.14436/17 depositata il 9 Giugno.
Lo stato di adottabilità di una bambina dichiarato dal Tribunale dei minorenni, veniva successivamente revocato dalla Corte d´Appello sulla base del fatto che il padre, a quattro mesi dalla nascita della figlia, si rivolgeva ai servizi sociali al fine di ottenere un sostegno nella propria genitorialità, e facendo presenti delle problematiche all´interno della famiglia, otteneva che la figlia fosse inserita in un asilo nido. A seguito del peggioramento delle condizioni psichiche della moglie, chiedeva nuovamente aiuto ai servizi sociali in modo da ottenere l´affido della bambina all´ altra figlia maggiore, e dopo ancora ad una coppia di amici. La bambina risultava pulita e curata, e il padre la visitava la sera con regolarità.
I servizi sociali, in sostanza non avevano fornito nessun sostegno, né cercato di attivare un progetto di recupero della genitorialità, limitandosi ad osservare il comportamento del padre, il quale cercava di far crescere nel miglior modo la figlia, non volendo mai restare escluso. Davanti ad un simile quadro, e cioè senza un progetto dei servizi sociali né un monitoraggio del Tribunale, un giudizio di irrecuperabilità della funzione genitoriale non poteva formularsi.
La valutazione negativa non ha tenuto conto del continuo impegno del padre nel cercare soluzioni adeguate. Secondo il giudice dell´appello il padre, dopo la revoca dell´adottabilità, doveva essere assistito in un cammino volto ad acquisire competenze nel suo rapporto con la figlia. La migliore soluzione è stata quindi ravvisata nell´ affido etero familiare per due anni, durante i quali il padre avrebbe potuto vedere la figlia con cadenza bisettimanale e in presenza di un operatore.
Tutore e curatore speciale contro tale pronuncia, presentavano ricorso in Cassazione lamentando in primo luogo che il padre, chiedendo di affidare a terzi la figlia, mai aveva dimostrato l´intento di volerla con sé, esternando invece un´incapacità di svolgere in modo autonomo il ruolo di genitore. In secondo luogo, l´avere omesso la Corte l´esame su di un fatto decisivo, ossìa la mancanza di un progetto del padre di occuparsi della figlia. Infine, l´aver disposto l´affido etero familiare, il cui presupposto è una carenza solo temporanea nella famiglia di origine, contrariamente alla insufficienza e inadeguatezza delle condizioni familiari per la crescita di un figlio, che nel caso di specie, si palesavano invece come permanenti.
La Cassazione ha individuato una carenza nel processo che ha condotto la Corte territoriale a decidere. Infatti essa errava nell´ omettere l´esame della mancanza della volontà di recupero della funzione genitoriale del padre.
L´azione dell´uomo ha rivelato univocamente l´intento di ottenere l´affido della figlia a terzi, non lasciando lontanamente intravedere la volontà di assumere la funzione genitoriale in futuro, e così accudire la figlia coabitando con lei. Tale obiettivo, nelle sue intenzioni, è del tutto mancato. Ciò anche quando le sue condizioni economiche e abitative subivano cambiamenti in positivo, andandosi a stabilizzare.
Questi i motivi che hanno indotto la Cassazione ad accogliere il ricorso e cassare al sentenza impugnata con rinvio alla Corte d´Appello.
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.