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Record di suicidi tra i giovanissimi in Italia, lo psichiatra: "Basta con i genitori amici-dei-figli, servono regole"

 Intervista illuminante allo psichiatra Massimo Ammaniti. "Per evitare conflitti si lascia troppo correre, invece bisogna dare regole"

Oramai è una emergenza conclamata. Il suicidio è la seconda causa di morte tra i ragazzi sotto i 20 anni. E in Italia il 12% dei quattromila decessi annui legati a questo gesto estremo riguardano proprio giovani e giovanissimi. Insomma, quasi 500 giovani ogni anno si tolgono la vita. Le motivazioni sono tante, ma quasi sempre ci sono dei campanelli di allarme che l´ambiente familiare e la scuola non devono assolutamente sottovalutare.
Tra questi spiccano i bruschi cambi di umore, i comportamenti autolesivi come tagliarsi o ferirsi, il drastico calo del rendimento scolastico, l´estrema irritabilità e le rezioni eccessive. Ma al di là di gesti estremi sono sempre di più i giovani ´malati nell´anima´ e, oltre alla depressione e ai disagi psicologici spesso collegati all´uso di sostanze stupefacenti, si fanno largo anche nuove forme di malessere tra i teenager.
L´ultimo fenomeno viene dal Giappone e si chiama ´Hikikomori´: si tratta di ragazzi che tagliano i ponti con il mondo esterno, verso il quale sviluppano fobia ed odio, rinchiudendosi letteralmente nella propria casa per mesi o anni, avendo come unico collegamento con il mondo la Rete. In Giappone, dal 2000 a oggi, i casi noti sfiorano il milione. Il fenemoneno degenerato sta prendendo piede anche in Italia: i giovani ´Hikikomori´, secondo alcune stime, sarebbero tra i 20 e i 30mila.
Ai ragazzi servono «regole» e non genitori «amici» che non mettano confini e che «lascino correre le cose»: Massimo Ammaniti, professore onorario alla Sapienza di Roma e psicoanalista dell´International Psychoanalytical Association, spiega da cosa nascono le vulnerabilità dei giovani. Tanto più che spesso accade che, come scrive nel suo saggio La famiglia adolescente l´adolescenza appartenga ai figli «ma investa l´intera famiglia». «È sempre stato così, ma oggi lo è in modo particolare e specifico – spiega -. I ruoli non sono più rigidi, prefissati, e a non sentirli così sono proprio coloro che li incarnano. I genitori di oggi sono soli, sentono così liquido il proprio ruolo che cercano conforto e conferma dai figli, persino una legittimazione».
Professore, i dati – oltre ai casi di cronaca registrati in questi ultimi giorni - sono allarmanti: su 4mila suicidi all´anno il 12% vede protagonisti giovani sotto i 20 anni...
«La seconda causa di morte per gli adolescenti, dopo gli incidenti stradali, è il suicidio. Cosa significa? Che indubbiamente in certi ragazzi l´adolescenza è particolarmente problematica per alcune vulnerabilità che sono in parte legate all´adolescenza stessa ma che in parte questi ragazzi si portano dietro fin dall´infanzia».
Ma come si può arrivare a togliersi la vita a 16 anni?
«Il suicidio è un atto particolarmente complesso negli adolescenti, perché non sempre hanno il senso che si tratti di una cosa irreversibile. Anche l´idea della morte non è esattamente quella di un adulto: a volte non hanno il senso delle conseguenze di quello che fanno e di quello che può succedere, a 16 anni il cervello non è ancora completamente maturo. Insomma, capire le conseguenze delle azioni può essere difficile. Poi, a volte, ci sono reazioni impulsive molto forti e una difficoltà a regolare il proprio comportamento».
Da cosa nasce questa grande vulnerabilità dei ragazzi?
«Sicuramente sono indifesi. Si tratta in parte di vulnerabilità individuali – non tutti i bambini nascono allo stesso modo – e spesso la situazione in famiglia è complessa. La famiglia è cambiata, ci sono uno o al massimo due figli, i genitori investono molto su di loro e questo può creare una serie di problemi nel distacco dei figli al momento dell´adolescenza. Ciò accade perché sono fortemente inseriti nel mondo dei genitori, i quali tendono ad essere un po´ troppo amici. In questo modo il processo del distacco è complicato».
Insomma no ai genitori-amici?
«Il punto è che i genitori devono mettere confini e punti fermi al figlio adolescente che vive momenti di confusione. I genitori devono essere presenti, attendibili e rappresentare un riferimento. Oggi c´è molto questa idea di essere amici dei figli: si preferisce lasciare correre le cose invece di affrontare il contrasto, il conflitto che nasce quando si mettono delle regole».
Bene, quindi, le regole...
«I genitori devono dare delle regole e mettere dei confini, i figli si ribelleranno però così i genitori sono presenti».
Il ruolo dei social media è positivo o negativo ?
«È chiaro che i social media hanno aspetti sicuramente positivi, ma sono anche molto rischiosi perché alla fine succede che a cena stiano lì a guardare il telefonino non solo i figli ma anche i genitori. Così si perde il senso dell´incontrarsi e dello stare insieme. Poi i figli al termine del pasto si chiudono nella loro stanza e continuano a chattare fino a tardi. Questo crea anche dei problemi nella regolazione del sonno. Insomma, manca un genitore che dica ´a quest´ora si va a letto».

*Intervista a cura di Veronica Passeri e pubblicato su Quotidiano.net

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