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Pronuncia sulla quantificazione del danno oltre i limiti della domanda: quando vi è ultrapetizione?

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Inquadramento normativo: Art. 14 c.p.c.; Art. 112 c.p.c.

La pronuncia nelle cause relative a somme di denaro e il vizio di ultrapetizione: Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall'attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito (art. 14 c.p.c). In questo tipo di cause, il giudice deve pronunciarsi sulla domanda proposta così come quantificata dalla parte e non oltre i limiti di essa. Qualora il giudice si pronunciasse oltre i limiti della domanda, la decisione sarebbe viziata di ultrapetizione. Tuttavia in giurisprudenza è pacifico l'orientamento in virtù del quale «quando l'attore, con l'atto introduttivo del giudizio, rivendichi, per lo stesso titolo, l'attribuzione di una somma determinata, ovvero dell'importo, non quantificato, eventualmente maggiore, che sarà accertato all'esito del giudizio, non incorre in ultrapetizione il giudice che condanni il convenuto al pagamento di una somma maggiore di quella risultante dalla formale quantificazione inizialmente operata dall'istante, ma acclarata come a quest'ultimo spettante in base alle emergenze acquisite nel corso del processo» (Cass. nn. 4828/2006, 706872002, richiamate da Cass., n. 20707/2018); ovviamente, ciò che non costituisce extrapetizione è oggetto di obbligo del potere-dovere del giudice di pronunciare, in lineare attuazione dell'art. 112 c.p.c. [...] (Cass., n. 20707/2018).


Quando la pronuncia sulla quantificazione del danno viola l'art. 112 c.p.c.? Si avrà vizio di ultrapetizione nel caso in cui il giudice di appello riformi la sentenza in riferimento alla statuizione della quantificazione del danno, nonostante la decisione sia stata impugnata da parte del soccombente solo nella parte in cui se ne afferma sussistere la sua responsabilità ( Cass. nn. 18160/2012, 9175/1998, 2474/1989, richiamate da Cass., n. 25933/2018). Si avrà vizio di ultrapetizione anche nell'ipotesi in cui giudice d'appello è il Tribunale e quest'ultimo, nel riformare la sentenza del giudice di pace, modifica la statuizione relativa alla condanna al pagamento del risarcimento del danno, quantificandolo in un importo che va oltre i limiti di competenza del giudice di pace stesso. Ma vediamo in quale caso. In tema di determinazione della competenza per valore, nell'ipotesi in cui una domanda di risarcimento danni venga proposta avanti al giudice di pace con la richiesta della condanna della controparte al pagamento di un importo indicato in una somma inferiore (o pari) al limite della giurisdizione equitativa del giudice di pace ovvero della somma maggiore o minore che risulti dovuta all'esito del giudizio, la formulazione di questa seconda richiesta alternativa non può essere considerata - agli effetti dell'art. 112 cod. proc. civ. - come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall'avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all'ammontare della somma determinata che venga indicata nelle conclusioni specifiche.  

Ne discende che la suddetta richiesta alternativa si risolve in una mancanza di indicazione della somma domandata, con la conseguenza che la domanda [...] deve presumersi di valore eguale alla competenza del giudice adito [...], in difetto di contestazione da parte del convenuto. In buona sostanza deve presumersi nel massimo della competenza per valore del giudice di pace sulla tipologia di domande fra cui rientra quella proposta (Cass., n. 15698/2006, richiamata da Cass, n. 23434/2021). Ne consegue che se il Tribunale, quale giudice dell'appello, va oltre i limiti di valore della domanda, ove l'attore abbia agito in primo grado dinanzi al giudice di pace competente per valore, la relativa pronuncia sarà viziata di ultrapetizione. In tale caso, infatti, non è applicabile quella giurisprudenza secondo la quale non ricorre il vizio di ultrapetizione quando l'attore, con l'atto introduttivo del giudizio, rivendichi, per lo stesso titolo, l'attribuzione di una somma determinata ovvero dell'importo, non quantificato, eventualmente maggiore, che sarà accertato all'esito del giudizio (Cass., n. 20707/2018, richiamata da Cass, n. 23434/2021). E ciò in considerazione del fatto che l'aver agito dinanzi al giudice di pace impone di ritenere la domanda dell'attore coincidente con il limite di valore delle cause attribuite al giudice adito (Cass, n. 23434/2021). 

 

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