Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Professionisti, Cassazione: Fisco può considerare redditi tutti gli accrediti sui conti correnti, si ritorna a presunzione legale ?

Intorno a questa affermazione, e quesito, ruota il dibattito innestato, indirettamente, dalla Suprema Corte di Cassazione che, con la recentissima sentenza n. 16697 del 9 agosto 2016, depositata a distanza di appena quattro giorni dalla n. 16640 della stessa sezione sesta tributaria, è riuscita a contraddirsi riguardo la questione degli accrediti sui conti correnti bancari dei professionisti.
Secondo il pronunciamento più recente della Suprema Corte, tali accrediti devono a tutti gli effetti essere considerati quali incassi, mentre, con la sentenza di quattro giorni prima, il giudice di legittimità era, sul medesimo quesito, pervenuto ad una soluzione opposta, dichiarando la impossibilità di una presunzione di imputazione di prelievi e di versamenti sui conti correnti bancari ai ricavi ottenuti dai professionisti con la propria attività.
Cancellata tale presunzione, la Cassazione ne aveva tratto le conseguenze, spiegando come fosse il Fisco, nel caso di indagini fiscali sui professionisti, ed in generale sui lavoratori autonomi, titolari di reddito di lavoro autonomo, ad essere onerato della dimostrazione che tanto i prelievi che i versamenti dai/sui loro conti correnti che risultassero "ingiustificati" (cioè privi di una specifica causale) fossero riconducibili alla attività professionale o autonoma.
Pertanto, secondo quanto affermato con la Sentenza 16640 del 5 agosto scorso, essi non potevano affatto costituire, artificialmente, maggiori compensi (come tali tassabili) essendo invece l´amministrazione finanziaria obbligata a dimostrare la loro correlazione con la professione intellettuale (e non) esercitata.
Principi affermati con enfasi, salutati con entusiasmo da molti opinionisti e giuristi, cancellati però con un colpo di spugna in appena quattro giorni !
Il tutto ruota intorno alla corretta interpretazione della sentenza n. 228 del 24 Settembre 2014, con la quale la Consulta aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l´art. 32 (c. 1/2, secondo alinea) del decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, nella parte in cui come modificato dalla legge finanziaria 2005 n. 311 del 30 Dicembre 2014, limitatamente alle parole "o compensi".
La stessa Corte di Cassazione, chiamata, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, ad esaminare in sede di legittimità una lite fiscale, aveva precisato chiaramente la propria posizione, affermando (sentenza n. 23041/2015, depositata l´11 novembre dello stesso anno) che "La decisione della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 ha posto fine alla presunzione legale in base alla quale le somme prelevate o versate su conti e depositi riconducibili ad esercenti attività professionale costituiscono di per sè stessi ulteriori compensi assoggettabili a tassazione se non sono annotati contabilmente".
La sentenza della stessa Sezione tributaria n. 16440/2016, depositata il 5 agosto 2016, si era inserita in questo solco interpretativo. Non a caso, in espresso richiamo della precedente appena cennata, aveva stabilito come fosse ormai cessata "la presunzione di imputazione sia dei prelevamenti sia dei versamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva".
Con il pronunciamento più recente (sentenza n. 16697/2016, depositata il 9 agosto 2016), la stessa sezione Tributaria, composta peraltro da quasi tutti i magistrati che erano stati membri del Collegio precedente), la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso delle Entrate, ha affermato come fosse "definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva, spostandosi, quindi, sull´Amministrazione finanziaria l´onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi".
La quasi identità della formulazione utilizzata potrebbe lasciar presumere tuttavia che, più che di fronte ad un ripensamento giurisprudenziale (peraltro improbabile, considerata la composizione del Collegio e il richiamo, anche in questo caso espresso, del precedente del 2011), ci si possa trovare di fronte ad un errore di trascrizione.
In tal caso, non sarebbero affatto espunti dalla giurisprudenza della Suprema Corte i principi affermati con i precedenti pronunciamenti, rimanendo ferma la esclusione di ogni presunzione tanto riguardo ai prelievi che ai versamenti, con il conseguente obbligo del Fisco di dimostrare là riconducibilità alle attività professionali o autonome, e pertanto la legittimità dell´accertamento fiscale.
Si tratta, però, della ipotesi migliore per la platea dei professionisti ed autonomi interessati, in quanto, se così non fosse, si tornerebbe indietro rispetto al pronunciamento della Consulta e ai principi garantistici affermati dal Giudice delle leggi.
Con il che, bisogna adesso augurarsi che un intervento delle Sezioni Unite possa chiarire la questione.

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Agenzia delle Entrate: in atto "tentativi di truff...
Avvocati a Ferragosto, relax al sole e nubi all´or...

Cerca nel sito