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"In un castello vicino a Trèguir in Bretagna in Francia, sant´Ivo, avvocato e sacerdote, che osservò la giustizia senza distinzione di persone, favorì la concordia, difese le cause degli orfani, delle vedove e dei poveri per amore di Cristo e accolse in casa sua i bisognosi".
Sant´Ivo, al secolo Yves Hélory de Kermartin, nacque il 17 ottobre 1235 a Minihy – Treguier da una famiglia di buona condizione benché non appartenente alla alta nobiltà. Fu cresciuto dalla madre fino all´età di quattordici anni, quando si trasferì a Parigi per intraprendere gli studi di filosofia e teologia unitamente al suo precettore e futuro discepolo, Giovanni di Kerhoz. Per dieci anni studiò teologia presso la scuola di S. Bonaventura per poi trasferirsi ad Orleans ove approfondì lo studio del diritto e in, particolare, del diritto canonico e romano. In entrambe le città in cui visse, Yves si dimostrò giovane zelante nello studio, nonché di natura dolce e caritatevole, portato all´attenzione e alla pietà verso i soggetti più deboli.
Assunta la carica di ufficiale di giustizia ecclesiastica per nomina dell´arcidiacono di Rennes, poco dopo, il Vescovo gli affidò la stessa carica presso di lui e lo consacrò sacerdote. Esercitò costantemente l´attività forense. Nei tribunali di Rennes e Treguier divenne punto di riferimento e rifugio per tutti i soggetti poveri e deboli, istituendo quello che potremmo chiamare una sorta di gratuito patrocinio. Il castello di famiglia di Kermatin divenne ricovero per tutti i non ambienti della regione. Tanto impegno e zelo nel difendere i più "piccoli" corrispondevano all´impegno e allo zelo nel predicare e annunciare la Buona Novella e nel vivere nella Carità. Si narra che lasciò gli abiti di ufficiale di giustizia e donò le sue vesti i bisognosi per indossare quelle più umili dei contadini. Senza porre mai in secondo piano la sua attività di avvocato, su incarico del proprio Vescovo, si occupò di risollevare le condizioni delle parrocchie di Trendez e Lounnec e, mettendo la sua capacità oratoria al servizio del Vangelo, di predicare in quelle circostanti. Negli ultimi anni di vita si ritirò nel suo castello, sempre più un vero ostello e rifugio per i poveri e bisognosi, dove si spense nella più grande umiltà il 19 maggio del 1303.
L´intera vita dell´avvocato Yves fu così improntata alla santità, che gli abitanti di Tregueir si spartirono le sue vesti quali vere reliquie e il Re di Francia, Filippo di Valois, il clero, la popolazione, i duchi di Monfort ne chiesero a gran voce la canonizzazione.
Papa Clemente VI lo proclamò santo il 19 maggio del 1347. La Chiesa lo ricorda con il seguente martirologio: "In un castello vicino a Trèguir in Bretagna in Francia, sant´Ivo, sacerdote, che osservò la giustizia senza distinzione di persone, favorì la concordia, difese le cause degli orfani, delle vedove e dei poveri per amore di Cristo e accolse in casa sua i bisognosi".
Scorsa la biografia del Santo patrono degli avvocati, è d´uopo chiedersi cosa rappresenti per noi oggi in una società così impegnata, in una vita professionale così dinamica e soggetta a continui cambiamenti, la presenza di un santo patrono simile.
E´ soltanto una legittimazione storica del ruolo dell´avvocato? E´ soltanto il retaggio di un´antica esperienza di un´Avvocatura in cui spada e pastorale non erano ancor ben distinti? E´ soltanto il ricordo della costante presenza dell´Avvocatura nella società? E´ una semplice reminescenza dell´ancestrale lustro dell'Avvocatura?
Per rispondere a tali interrogativi è necessario riflettere sul concetto di santità. Santo, ("sanctus" participio del verbio Sancio, is, xi, sanctum, ire ovvero sancito, sanzionato, ratificato) è colui che al termine della propria esperienza terrena viene sancito dalla Chiesa come persona capace di aver vissuto con opere costanti il Vangelo, improntando la propria vita agli insegnamenti di Cristo. In tale "sanzione" è evidente un moto dal basso verso all´Alto, un tendere dalla natura umana a quella divina. E´, dunque, il riconoscimento di un´esistenza umana vissuta negli insegnamenti della Parola. E´ il porre un esempio da cui tutti possono trarre ispirazione nella semplicità quotidiana. Infatti, la chiamata alla santità, ovvero a vivere a pieno il Vangelo, è continua e quotidiana verso ognuno di noi, non richiede gesta straordinarie ma è soddisfatta con piccole semplici azioni. Dunque, Sant´Ivo legittima e nobilita la figura dell´avvocato ma è lì anche perché nella quotidianità l´avvocato possa trarre ispirazione da lui.
La sua esperienza storica, indubbiamente, appartiene ad una realtà infinitamente distante da noi. Tuttavia, non può non spandere la sua eco in tutti quegli episodi contemporanei in cui si patrocina e difende con zelo e impegno non commisurati al ritorno economico o, addirittura, in quei casi in cui si mette in secondo piano il, pur giusto e dovuto, compenso al fine di evitare un sopruso o tutelare un debole. In queste condotte, che sappiamo diffuse, costituenti esempi di Carità deve riscontrarsi anche con l´adempimento di doveri di solidarietà statuiti dall´art. 2 della Costituzione.
Questo Santo avvocato, costantemente presente per la sua comunità per cui era un vero punto di riferimento, non rivive forse in tutti i colleghi che in ogni momento, senza conoscere orari di lavoro, incontrano o raccolgono le chiamate dei propri assistiti per fornire loro delucidazioni, rispondere a domande, lasciandoli, poi, più sereni e consapevoli di avere un punto di riferimento per affrontare le loro problematiche?
Ancora, questo avvocato così brillante da ricevere importanti cariche e così pio da suscitare un moto di popolo, ma sarebbe più corretto dire di società, per ottenerne la canonizzazione, rivive in numerosi colleghi che costantemente si aggiornano, perseverando nello studio e con il loro operato riscuotono la stima della loro cerchia sociale di appartenza.
Ciò osservato, è necessario affrontare ulteriori interrogativi: nei nostri giorni è necessario avere un simile punto di riferimento? Le dinamiche professionali ci concedono tempo per una simile riflessione? Ricordando un´acuta riflessione di Papa Benedetto XVI secondo cui "Se avessero avuto ragione Kant e Hegel, l´illuminismo che avanzava avrebbe dovuto rendere l´uomo sempre più libero, sempre più ragionevole, sempre più giusto. Dalle profondità del suo essere salgono invece sempre più quei demoni che con tanto zelo avevamo giudicato morti, e insegnano all´uomo ad avere paura del suo potere e insieme della sua impotenza: del suo potere di distruzione, della sua impotenza a trovare se stesso e a dominare la sua disumanità", dobbiamo constatare che il cammino dell´uomo non è unidirezionale, senza Dio e senza gli esempi di quanti abbiano vissuto in profondo il Vangelo, il cammino rischia di essere nelle tenebre. Anche nella nostra società della scienza, in cui questo strumento sembra permettere all´uomo di poter dominare tutto, dobbiamo riflettere come l´uomo di scienza possa essere anche uomo di fede. Fede e Scienza non sono tra loro in contrasto ma in rapporto di mutua implicazione, pur nella loro autonomia e senza fondersi l´una nell´altra. L´esempio di Sant´Ivo ci insegna come la scienza, ovvero il diritto, sia uno strumento che permetta di conoscere la realtà (sociale) umana più in profondità e come sia stata oggetto di Creazione nel segno dell´Amore (uno strumento ideato nec cives ad arma veniant). La Fede permette di indirizzare la scienza, ovvero il diritto, verso il suo fine ultimo ovvero l´uomo e il suo mondo. Sant´Ivo non si abbandona ad un piano metafisico irrazionale ma vive la "ratio" del diritto nel senso della Verità.
Conoscendo e riflettendo sulla figura del nostro Santo protettore, sì può ritenere che tutti noi possiamo trovarvi un esempio e una guida ispiratrice nel vivere la nostra professione e le sfide che, quotidianamente, questa ci pone sia come individui che come appartenenti all´Avvocatura contemporanea e, in generale, alla società.
scritto da Giovanni Paolo Bertolini , Avvocato
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