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Bancario, licenziamento disciplinare, termini contestazione decorrono da piena conoscenza

Lo ha deciso la Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - con sentenza n. 10839 del 2016, ritenendo illegittimo il licenziamento disciplinare irrogato ad un dipendente di un istituto di credito, a seguito del compimento da parte dello stesso di operazioni "anomale".
Con la sentenza odiernamente in commento, i Supremi Giudici hanno condiviso la valutazione della Corte territoriale (che, in accoglimento dell´appello del bancario, aveva annullato la sentenza del giudice di primo grado dichiarando la nullità del suo licenziamento) e stabilito che, pur se il principio della immediatezza della contestazione dell´addebito e quello della tempestività del recesso datoriale, la cui "ratio" riflette l´esigenza di osservanza della regola di buona fede e correttezza nell´attuazione dei rapporto di lavoro, devono essere intesi in senso relativo, potendo essere compatibili, in relazione al caso concreto e alla complessità dell´organizzazione del datore di lavoro, con un intervallo di tempo necessario per l´accertamento e la valutazione dei fatti contestati, così come per la valutazione delle giustificazioni fornite dal dipendente, nella fattispecie concreta, tuttavia, era indiscussa la precorsa e particolareggiata conoscenza, da parte del datore di lavoro, della situazione contestata al dipendente, non vertendosi, pertanto, in tema di percettibilità o conoscibilità solo astratta dei fatti stessi.
Nella fattispecie di causa, la Corte di merito aveva, in sintesi estrema, concluso per la illegittimità e la intempestività del licenziamento, ritenendo pregiudicato il diritto di difesa del dipendente, ed integrate carenze procedimentali dal momento in cui le operazioni compiute dal dipendente erano state segnalate dal sistema centralizzato, ed in particolare tra il momento in cui gli uffici territoriali competenti avevano acquisito la documentazione a quello nel quale ne avevano concluso l´esame.
La Banca ricorrente, insomma, ben avrebbe potuto dare impulso e quindi concludere il procedimento disciplinare nell´immediatezza, e ciò anche a prescindere dalla mancata proporzionalità tra i fatti contestati e la sanzione disciplinare comminata, su cui si era soffermata la Corte d´appello ritenendo, anche sotto secondo, concorrente, profilo, l´illegittimità del provvedimento afflittivo.
La Corte territoriale aveva aggiunto che solo qualora le concrete ragioni del ritardo fossero state provate, avrebbe dovuto soccorrere un criterio di "ragionevolezza", attesa la necessità di contemperare le difficoltà dell´accertamento con quelle difensive dei dipendente, chiamato a giustificare il proprio operato a due anni di distanza.
Valutazioni pienamente condivise, come si è visto, anche dalla Cassazione, con la conseguente dichiarazione di nullità del licenziamento così irrogato.
Sentenza allegata
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