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Accertamenti tributari, nulli senza contraddittorio preventivo?

Una questione sorta a seguito delle ordinanze della Corte costituzionale n. 187, 188 e 189, depositate il 13 luglio 2017, con le quali la Consulta reputa manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata da diversi giudici tributari in merito agli accertamenti resi senza il contraddittorio preventivo (in ambito di contributi non armonizzati).
Il principio dell´obbligo generalizzato di contraddittorio ha le sue radici nella disciplina comunitaria, che trova applicazione solamente per i tributi armonizzati (imposta sul valore aggiunto[I.V.A.],dogane e accise).
Nel diritto nazionale il contraddittorio preventivo è previsto espressamente dalla L.212/2000 (Statuto del contribuente) solo per determinati casi, ad esempio per gli accessi degli uffici presso la sede dell´attività del contribuente o per gli accertamenti fondati sull´abuso del diritto.
La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 24823 del 9/12/2015, è intervenuta in modo decisivo sulla dibattuta questione della sussistenza di un obbligo, da parte degli Uffici dell´Amministrazione finanziaria, al contraddittorio cosiddetto "endoprocedimentale" per tutti gli accertamenti fiscali, compresi quelli effettuati senza verifica presso i locali del contribuente, cioè gli "accertamenti a tavolino", che a seguito dell´Ordinanza n. 527/2015 della VI sezione civile erano stati portati all´attenzione della Corte.
La Corte Suprema ha stabilito alcuni principi fondamentali in materia di contraddittorio tra fisco e contribuente: 1) in capo all´Amministrazione finanziaria solo per i tributi "armonizzati", sussiste un obbligo generale di contraddittorio cosiddetto "endoprocedimentale", la cui violazione comporta l´invalidità dell´atto purché il contribuente abbia assolto all´onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un´opposizione meramente pretestuosa; 2) per i contributi "non armonizzati" non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito; 3) nel diritto tributario nazionale, la mancata generalizzazione dell´obbligo del contraddittorio preventivo non consente di ritenere applicabile, in via analogica, la disciplina prevista per i tributi "armonizzati" ai tributi "non armonizzati" sottratti quindi al diritto euro-unitario e ai principi che lo ispirano; 4) le dichiarazioni rese da terzi in sede extra-processuale, con valore probatorio indiziario, possono essere introdotte, in applicazione della parità delle parti nel processo tributario, sia dall´Amministrazione finanziaria che dal contribuente con medesimo valore.
La sentenza afferma, quindi, che non esiste, nella legislazione nazionale, un obbligo generalizzato di attivazione del contraddittorio prima dell´emissione dell´atto impositivo da parte dell´Amministrazione finanziaria, a meno che sia previsto per legge.
 
Tale previsione per legge è attualmente rinvenibile, in linea generale, all´articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, a norma del quale "nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L´avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza".
Ciò contrasta con la giurisprudenza comunitaria, che prevede per ogni cittadino il diritto di essere ascoltato prima che sia emesso un atto che incida sul suo patrimonio.
 
Il contraddittorio endoprocedimentale o preventivo generalizzato è istituto fondamentale e imprescindibile di un diritto tributario al passo con i tempi, perché esprime l´esigenza elementare del cittadino contribuente di non essere costretto a pagare il suo doveroso contributo allo Stato, se non dopo averne spiegate le ragioni e aver garantita la possibilità di difendersi.
Esigenza questa sempre più sentita dal momento in cui, sin dal 2010, l´accertamento tributario si è trasformato in uno strumento di pronta riscossione, con rinvio del diritto di difesa alla costosa e talvolta impervia sede giudiziaria.
La limitazione del contraddittorio preventivo, a pena di invalidità dell´atto, ai soli accertamenti realizzati a seguito di accesso, sarebbe irragionevolmente discriminatoria per quei contribuenti che non hanno subito una verifica presso i locali di esercizio della relativa attività, con conseguente non manifesta infondatezza dei dubbi di illegittimità in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., parametro, quest´ultimo, evocato in ragione delle conseguenze che derivano dalla riscontrata diseguaglianza in ordine alla corretta individuazione dei dati fondanti la capacità contributiva.
Sono pochi i casi in cui il legislatore ha espressamente imposto l´interlocuzione con il contribuente prima dell´adozione del provvedimento impositivo mancando la quale l´atto è sicuramente nullo: si pensi agli accertamenti standardizzati, agli accertamenti sintetici, a quelli in materia doganale e a quelli preceduti da una verifica fiscale nella sede dell´impresa.
Il problema sorto nelle aule giudiziarie nasce, invece, per la generalità degli accertamenti ove non è attualmente prevista dalla legge alcuna forma di partecipazione del contribuente all´attività istruttoria.
La svolta si è avuta nel 2009 con l´entrata in vigore, attraverso il Trattato di Lisbona, della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione Europea, Carta di Nizza 7/12/2000, il cui art.41, comma 2, riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale e amministrativo che le arrechi pregiudizio.
La giurisprudenza comunitaria, immediatamente, in più pronunce ha sancito l´applicabilità del principio anche in campo tributario, con la conseguenza che si è fatta strada la convinzione che anche in campo nazionale non se ne potesse fare a meno per la preminenza nota del diritto comunitario sul diritto interno.
Dopo 5 anni di schermaglie di cui si è molto discusso nelle aule di giustizia, la clausola generale del contraddittorio preventivo ha ottenuto l´avallo autorevole delle SS.UU. della Cassazione, con le sentenze 19667 e 19668 del 2014, in materia di ipoteca esattoriale, ma con un contenuto motivazionale di quelle sentenze estensibile a tutti gli atti impositivi.
Ma ad un anno di distanza la Suprema Corte ha avuto un radicale ripensamento e con la già citata Sent. SS.UU. n.24823 del 9/12/2015, ha dettato in modo perentorio principi di diritto che non sembrano lasciare più spazi all´interprete.
Il principio espresso dalle SS.UU. è che l´inosservanza del contraddittorio preventivo, ove venga sollevato, in sede giudiziaria, come motivo di ricorso non comporta, tout court, l´annullamento dell´atto impositivo, nel senso che occorre provare la cd. resistenza degli atti della Pubblica amministrazione a fronte di un vizio formale del procedimento.
 
Ci si chiede, dunque, quale sia la regola da applicare nel caso in cui un contribuente pretende l´annullamento di un atto impositivo, giusto o meno che sia nel contenuto, per il solo fatto che in sede amministrativa non sia stato previamente informato ed invitato a giustificarsi del maggior imponibile attribuitogli a seguito del controllo della sua posizione fiscale.
Infatti, le irregolarità formali del procedimento amministrativo sono invalidanti solo se risulti palese che il provvedimento emesso avrebbe potuto avere un contenuto diverso.
La sentenza della corte è stata duramente attaccata dalla dottrina.
In buona sostanza ci si è chiesti se il contraddittorio preventivo nei rapporti tra il cittadino e il potere pubblico è un principio generale posto nella Carta dei diritti fondamentali dell´Unione Europea come si fa ad escluderlo nel nostro paese nel settore sensibile e cruciale dell´imposizione diretta?
Qualcuno potrebbe ritenere che un modello di riferimento esiste e quindi diventa il modello tipico che dovrebbe rispettare l´amministrazione. Tale riferimento è la sequenza prevista dall´art.12 dello statuto del contribuente.
Conseguentemente andrebbero annullati parzialmente gli accertamenti cd. a tavolino per quanto attiene all´iva non preceduti da quella sequenza dell´art.12, e confermato, se è da confermare, quanto alle imposte dirette.
Ma tale conclusione è errata in quanto la Cassazione ribadisce che il modello dell´art.12 è eccezionale e non esportabile fuori delle verifiche in loco.
Allora, in un quadro normativo piuttosto confuso,nell´ipotesi in cui, dal punto di vista processuale, il contribuente avanzi l´eccezione di invalidità dell´atto impositivo per violazione del contraddittorio preventivo, il giudice tributario, sulla base dei principi espressi nella sentenza, dovrà preliminarmente valutare che l´accertamento è valido tutte le volte che sia stato preceduto da qualunque forma utile di interlocuzione con il contribuente che gli abbia dato la possibilità di riconoscere il fatto generatore dell´evasione contestatagli, garantendogli di discolparsi.
Sulla base delle considerazioni il contribuente avanzi l´eccezione di invalidità dell´atto impositivo per violazione del contraddittorio preventivo, il giudice tributario, sulla base dei principi espressi nella sentenza, dovrà preliminarmente valutare che l´accertamento è valido tutte le volte che sia stato preceduto da qualunque forma utile di interlocuzione con il contribuente che gli abbia dato la possibilità di riconoscere il fatto generatore dell´evasione contestatagli, garantendogli la possibilità di discolparsi.
Sulla base delle considerazioni sopra esposte, si giunge alla conclusione che la sentenza n. 24823/15 ha risolto solo una parte delle problematiche legate al contraddittorio "endoprocedimentale", ma è evidente che un intervento legislativo sarebbe auspicabile per rimuovere le incongruenze ancora presenti nella normativa fiscale interna e per allineare in modo più omogeneo e coerente il diritto tributario con quello europeo.
 
Avv. Carmela Patrizia Spadaro – Foro di Catania

 

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