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Insubordinazione ? Non sempre conduce a licenziamento, Cassazione spiega perchè

Che l´insubordinazione di un dipendente, pur se reiterata, non conduca necessariamente al provvedimento datoriale solutorio è stato chiarito dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, con Sentenza n. 3865 del 2017, depositata in data 14 febbraio .
Con tale sentenza i Supremi Giudici hanno chiarito come il provvedimento di licenziamento possa risultare sproporzionato di fronte a presunti "inadempimenti" disciplinari posti in essere dal lavoratore.
Comportamenti astrattamente censurabili attuati dal lavoratore non sempre - hanno aggiunto i giudici - sono sufficienti ad indicarne un comportamento complessivamente insubordinato e/o negligente.

Antefatto
la Corte d´Appello di Napoli, confermava la decisione resa dal Tribunale di Avellino, e accoglieva la domanda in primo grado proposta da V. L. C., in via riconvenzionale, a fronte dell´azione di accertamento promossa dalla Società datrice Fabbrica Motori Automobilistici S.p.A., domanda avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli a motivo di una pluralità di comportamenti negligenti o insubordinati.
I Giudici territoriali non ritenevano sussistenti elementi né oggettivi né soggettivi atti a giustificare l´irrogazione di un provvedimento talmente grave .
Per la cassazione di tale decisione ricorreva la Società, resistendo con contro ricorso il L. C..

Motivi della decisione
I Supremi Giudici confermano quanto stabilito nei primi due gradi di giudizio ritenendo «il licenziamento privo di giusta causa e di giustificato motivo».
I Giudici di Piazza Cavour precisano come correttamente la Corte territoriale avesse ritenuto di dover concentrare la propria valutazione sugli unici due episodi concorrenti nell´inveramento della fattispecie astratta delineata dalla norma contrattuale invocata, ovvero quelli che avevano dato luogo alla comminazione dei due provvedimenti di sospensione legittimanti, alla stregua del parametro normativo assunto a riferimento, il licenziamento per recidiva, trascurando gli ulteriori episodi disciplinarmente rilevanti, pur richiamati nella contestazione, che tuttavia, come si evince dalla stessa contestazione, non si prestavano, ad alcuna considerazione per essere sfociati, a seguito della loro costante derubricazione in sede di impugnazione, in provvedimenti non eccedenti le tre ore di multa.
In questa prospettiva, il giudizio espresso dalla Corte territoriale - ha proseguito il Collegio - "si sottrae alle censure di incompletezza poi sollevate sotto il profilo della mancata considerazione complessiva dei comportamenti addebitati e dell´omesso esame di alcuni di essi, legittimandosi, altresì, in relazione alla conclusione cui approda, con specifico riferimento alla valutazione negativa della proporzionalità della sanzione irrogata rispetto alle condotte da ritenersi in astratto rilevanti ma, di fatto, rivelatesi inesistenti o notevolmente ridimensionate".
Il ricorso va dunque rigettato.
Si allega sentenza.


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