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Non peculato ma appropriazione se l’addetto delle ferrovie intasca i soldi del biglietto

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 I giudici della Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 45465 del 9 ottobre 2018 hanno stabilito che l'addetto allo sportello della biglietteria di Trenitalia non riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, pertanto non può rispondere di peculato ma semplicemente di appropriazione indebita quando si intasca i soldi del prezzo dei biglietti venduti.

I Fatti

L'addetta alla biglietteria era stata condannata per il reato di peculato previsto e punto dall'art. 314 del codice penale, perché aveva intascato i soldi della vendita di un biglietto ferroviario sia dal Tribunale in primo grado che dalla Corte di Appello in secondo grado.

Avverso la sentenza di appello, a mezzo del suo difensore di fiducia, proponeva impugnazione avanti la Corte di cassazione deducendo col primo motivo il travisamento della prova con riferimento alla testimonianza resa dal soggetto richiedente il biglietto.

Col secondo motivo deduceva la violazione dell'art. 358 cod. pen. ed erronea qualificazione giuridica delle condotte nella fattispecie di cui all'art. 314 cod. pen. anziché in quella di cui all'art. 646 cod. pen (appropriazione indebita)., in quanto la ricorrente, non avrebbe rivestito la qualifica di incaricato di pubblico servizio ma semplicemente di addetta alla biglietteria della stazione ferroviaria e quindi inquadrata come operatore commerciale alle dipendenze di una società privata. Sosteneva la difesa della ricorrente che conseguentemente qualora fosse stato qualificato correttamente, il reato da contestare sarebbe estinto per prescrizione.

Col terzo motivo deduceva la violazione dell'art. 62 bis cod. pen. e omessa motivazione circa la mancata concessione attenuanti generiche.

 Motivazione

I giudici della Sesta Sezione hanno ritenuto infondato il primo motivo in quanto mera riproposizione delle argomentazione avanzate avanti ai giudici di merito.

Hanno ritenuto invece assolutamente fondato il secondo motivo di ricorso non tanto per l'asserita natura privatistica di Trenitalia S.p.A.

L'art. 358 cod. proc. pen. a seguito della modifica avuta con la legge n. 86 del 1990, definisce infatti l'incaricato di un pubblico servizio come colui che a qualunque titolo presta un servizio pubblico, a prescindere da qualsiasi rapporto d'impiego con un determinato ente pubblico. Non si richiede quindi che l'attività svolta sia direttamente imputabile a un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche. Va però evidenziato che secondo il capoverso dell'art. 358 cod. pen. non possono essere considerati incaricati di pubblico servizio soggetti che non esplicano poteri deliberativi, autoritativi tipici della pubblica funzione avente rilevanza esterna (ex multis, da ultimo, Sez. 6, n. 39359 del 7.3.2012, Ferrazzoli, rv. 254337; Sez. 6, n. 6405 del 12/11/2015, Minzolini, Rv. 265830; Sez. 6, n. 10875 del 23/11/2016, Carloni, Rv. 272079).

Pertanto affermano i giudici della Sesta Sezione " per espressa volontà del legislatore, vanno esclusi dal novero degli incaricati di pubblico servizio coloro che esplicano semplici mansioni d'ordine, vale a dire mansioni meramente esecutive, prive di qualsivoglia carattere di discrezionalità e di autonomia decisionale".

 Nel caso di specie con riferimento a Trenitalia s.p.a. il Supremo Collegio ha dichiarato che la trasformazione delle Ferrovie dello Stato in società per azioni " non ha cancellato le connotazioni proprie della originaria natura pubblicistica dell'ente, sicché gli addetti di Trenitalia che - come il capotreno o il controllore dei biglietti - provvedono alla constatazione dei fatti ed alle relative verbalizzazioni nell'ambito di attività di prevenzione ed accertamento delle infrazioni relative ai trasporti, sono pubblici ufficiali in quanto muniti di poteri autoritativi e certificativi e incaricati di una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico (Sez. 6, n. 15113 del 17/3/2016, Totta, Rv. 267311; Sez. 1, n. 38389 de118/09/2009, Novello, Rv. 244747; Sez. 5, n. 23465 del 26/04/2005, P.M. in proc. Laghi e altri, Rv. 231929; Sez. 1, n. 10027 del 22/06/2000, P.M. in proc. Aalam, Rv. 217952)".

Alla luce delle superiori considerazioni il giudici della Sesta Sezione hanno ritenuto fondata la censura proposta dalla ricorrente con il secondo motivo circa la natura delle mansioni da

essa esercitate quale addetta allo sportello di biglietteria della stazione ferroviaria, infatti il capoverso dell'art. 358 cod. pen. , così come modificato dalla legge n. 86 del 1990, esclude espressamente dall'area pubblicistica l'esercizio di semplici mansioni di ordine e la prestazione di opera meramente materiale (Sez. 6, n. 8070 del 02/02/2016, Autuori e altri, Rv. 266314; Sez. 6, n. 33845 del 22/05/2014, Artuso e altri, Rv. 260174; Sez. 6, n. 7083 del 29/10/2013, Accame e altri, Rv. 258794).

Le attività svolte dalla ricorrente si risolvevano infatti nell'esercizio di mansioni di ordine, meramente esecutive di operazioni interamente predefinite che non comportavano alcun impegno ideativo od organizzativo, né scelte discrezionali.

Secondo i giudici di legittimità , la condotta posta in essere dalla ricorrente, deve essere diversamente qualificata nel meno grave reato di appropriazione indebita.

Il reato così contestato, nella nuova qualificazione giuridica di appropriazione indebita , deve ritenersi estinto per decorso del termine massimo di prescrizione di cui agli artt. 157 e 161 cod. pen. (pari a sette anni e sei mesi) in data 2/11/2017, essendo stato commesso, secondo la contestazione, in data compresa tra il 2 maggio e il 7 maggio 2010.

Per tali motivi la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili .

Si allega sentenza

 

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