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Non esistono innocenti, ma colpevoli non ancora scoperti. Da Davigo il decalogo della negazione del diritto

Nel corso della puntata di Porta a Porta dedicata alle ingiuste detenzioni e agli errori giudiziari, il presidente dell´Associazione Nazionale dei Magistrati Piercamillo Davigo ha più volte ribadito che le detenzioni di innocenti non sono ingiuste "ma automatiche" e che gli errori non sono commessi dai giudici, che in realtà vengono ingannati dagli imputati. Dall´assoluzione che non è sinonimo di innocenza fino alla responsabilità civile delle toghe classificata come intimidazione, l´intervista a Davigo è il perfetto decalogo di tutto ciò che il diritto non è e non dovrebbe essere.

Durante la puntata di Porta a Porta dedicata agli errori giudiziari e alle ingiuste detenzioni, andata in onda mercoledì 1° febbraio su Rai 1, il presidente dell´Associazione Nazionale dei Magistrati, Piercamillo Davigo, torna sostanzialmente a ribadire l´antico assioma che lo rese celebre durante gli anni di Mani Pulite: "Non esistono innocenti, ma solo colpevoli che non sono stati ancora scoperti". La paternità della dichiarazione, espressa nell´ambito di un´inchiesta relativa ad alcuni appalti contrattati tra partiti e imprese, è sempre stata respinta da Davigo, che più volte ha puntualizzato che la frase aveva senso all´interno del contesto dell´epoca e che la continua decontestualizzazione da parte degli avversari politici era meramente strumentale.

Come anticipato, durante Porta a Porta, affrontando il tema degli errori giudiziari, che allo Stato costano all´incirca 40 milioni di euro l´anno – 648 in totale dal 1992 per le ingiuste detenzioni e 43 per gli errori giudiziari – Davigo è tornato a ribadire un concetto intriso di giustizialismo giacobino: "Le ingiuste detenzioni sono quelle in cui uno viene colpito da un provvedimento di custodia cautelare e poi viene assolto. Il che non significa che siano tutti necessariamente innocenti, anzi".

In sostanza, prosegue Davigo spiegando la sua posizione, molto spesso gli imputati vengono assolti, per esempio, a causa di meri cavilli processuali: prove raccolte durante le fasi preliminari che poi non possono essere utilizzate in fase dibattimentale, ritrattazioni, le modifiche al codice che rendono di fatto non più utilizzabili le prove a disposizione degli inquirenti e così via. Una casistica infinita, che sostanzialmente porta Davigo a sostenere, tra le righe, un concetto: non è ingiusta la detenzione di un non condannato, il magistrato non ne ha colpa. Spesso chi viene dichiarato innocente, in realtà innocente non è affatto, è solo mancata la prova per la condanna. Insomma, dalla presunzione di innocenza oltre ogni ragionevole dubbio si passa allo stigma della presunzione di colpevolezza fino a prova contraria. In dubio pro reo? Carta straccia, per Davigo.
Fonte: Fanpage


 

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