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"Non chiamatemi avvocata". Bongiorno: "Italia maschilista e quella sentenza ritorno a delitto d'onore"

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 Ministro o ministra?
«Ministro. È un ruolo. Mi pare una deminutio declinarlo in base al genere. Avvocato, non avvocata».

Una splendida intervista, quella che  Giulia Bongiorno, avvocato e ministro per la pubblica amministrazione, ha concesso ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera e che è pubblicata nell'edizione di oggi del giornale milanese.

«L'Italia in generale è maschilista. La mia parte politica ha questa etichetta. Una delle ragioni per cui ho seguito il progetto di Salvini, oltre al fatto che non era più limitato al Nord, è che parlando mi sono ritrovata a pensarla come lui. Ad esempio Salvini era molto interessato alla legge che con Michelle Hunziker abbiamo chiamato del Codice Rosso. Come al pronto soccorso i feriti più gravi vengono curati subito, così le denunzie delle donne in pericolo avranno la precedenza. Bisognerà distinguere, nel giro di pochi giorni, chi mente, chi esagera, chi invece segnala un rischio autentico. E per i violenti potrà scattare subito la custodia cautelare. Sono troppi i casi di donne assassinate dopo aver denunziato. E questo è un tradimento dello Stato, che prima ti dice di denunziare e poi ti abbandona».

La politica italiana è maschilista? Le chiede Cazzullo. Lei: «Sì. Verso le donne c'è un accanimento particolare. Quando da presidente della Commissione Giustizia diedi la priorità alla legge contro lo stalking, me ne dissero di tutti i colori; come se odiassi gli uomini o avessi una vendetta da prendermi. Altri tentarono di ridicolizzare il provvedimento, come se fosse rivolto contro gli innamorati e i corteggiatori. A molte donne, di destra e di sinistra, dalla Carfagna alla Boschi, hanno detto anche di peggio. Ma in quella circostanza scattò una catena di solidarietà: Mara Carfagna era ministro del Pdl alle Pari Opportunità, e lavorò con Donatella Ferranti del Pd».

Cosa pensa della sentenza che ha dimezzato la pena a un assassino in preda a una «tempesta emotiva»?
«L'ho letta con attenzione. Il presidente della Corte d'Appello ha parlato di un equivoco. Ma a pagina 6 c'è davvero il riferimento alla tempesta emotiva e passionale come una delle condizioni che ha influito sulla riduzione della pena. E questo mi ha fatto tornare in mente l'idea di fondo del delitto d'onore, retaggio di una cultura in cui la donna era considerata un bene appartenente all'uomo. Pensi che io ho proposto esattamente il contrario: chi uccide una donna perché dev'essere o sua o di nessuno merita una pena ancora più severa. Anche se la riduzione era dovuta soprattutto al rito abbreviato, che spero sarà presto eliminato per i delitti puniti con l'ergastolo».

 

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