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"Mi ricorderete pensando ai Gigli". Il mondo celebra Sant'Antonio

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 Lui è Fernando, il mondo lo conoscerà come Sant'Antonio da Padova. Regina del mare, così i poeti chiamavano Lisbona, terra d'incanti e di cattedrali. Giovani, nobili, ricchi. Felicità, è nato. Maria a Martino, che nome daremo al nostro primogenito? Fernando, ardito nella pace. Un'infanzia all'ombra del campanile, è il 1210, Fernando è di fronte ai genitori. Ho deciso, l'ordine della Santa Croce sarà la mia casa. Grande la pietra, l'asprezza del convento. Lunghe le veglie, frequenti i digiuni, parsimoniosi i cibi, rozze le vesti, dura la disciplina e la povertà, pronta l'obbedienza. Ho deciso, il mio destino è essere uomo di Dio. Notti in biblioteca, poco a poco conosco anche con il cuore le Scritture.

Berardo, Ottone, Pietro, Accursio, Adiuto, perchè siete venuti a Coimbra? Siamo al seguito di frate Francesco, Assisi e tutta l'Italia ne parlano, con lui andremo in Africa. Vanno, tornano solo i loro corpi privi della testa e della vita, in Marocco nessuna pietà per quei cristiani. stranieri. Fernando li guarda. Scelgo la missione. Il mio nome sarà Antonio, come il mio maestro che mi parlava di Francesco, passi incrociati con lui. Parto per il Marocco Vangelo in mano, per l'annuncio o il martirio. C'è un'altra strada, passa dal mare, la tempesta, il naufragio tra Tusa e Caronia. Andiamo ad Assisi, frate Francesco ci vuole lì. Settimane di cammino, piedi macerati, quanta gioia all'arrivo alla Porziuncola. Festa, siamo in tremila. Prendimi con te, frate Graziano, anche se nulla sono e nulla so. Sei umile, fratello, tanto da nasconderti ai miei occhi.

Antonio è ora un celebre predicatore, la sua fama oltrepassa i confini. Francesco la regola, Antonio lo studio, l'umiltà il filo che li lega. L'Italia non basta, ora Provenza, Linguadoca, Guascogna, Montpellier. Quel frate oltrepassa le leggi dello spazio, contemporaneamente predica in più luoghi, distanti. Arles, ora predico e parlo di Francesco e Lui appare qui, è di fronte a noi, a benedirci tutti. Tempo di miracoli e di fendenti, Antonio non risparmia nessuno, neppure i vescovi. Ho da dire una parola a te, che siedi mitrato in questa cattedrale. Conta solo vivere secondo ciò che si insegna. Confessami, Antonio, chè io possa trovare questa forza. 3 ottobre 1226, in una cella della Porziuncola muore a 44 anni Francesco, Antonio ritorna in Italia, Padova la sua residenza. Sono in cima alla piramide ma non affatto superiore, ma compagno dei frati; uno di loro, inferiore a tutti. Lavo i piedi ai frati e mi adopero a tenere pulita la cucina. Mi chiamano maestro mentre scrivo i Sermoni, ma uno solo è il Maestro. I beni di cui disponiamo appartengono ai poveri, e chi non li dona generosamente è un rapinatore, e ai miei frati dico: abbiate in orrore il denaro, rovina principale della nostra perfezione; non si permetta alcun abuso in fatto di denaro. Consolate gli afflitti e non vergognatevi di umiliarvi e abbassarvi rinunciando ai vostri diritti per guadagnare l'anima.

Ora predico anche a Roma, di fronte al papa, ma sono i poveri al centro del mio cuore, sono il loro difensore. Usurai, razza maledetta, sono cresciuti forti e innumerevoli e hanno denti di leone. Sempre in moto, intenti a rapinare, maciullare e inghiottire i beni dei poveri, degli orfani e delle vedove.

Ora sto male. Iidropisia, asma, anche il cuore balla, trovo difficile anche il solo camminare, Tiso sarò da te per riposare. Antonio, stai predicando al Noce, ma chi è quel bambino che stai tenendo in braccio, Gesù. 13 giugno 1231, mi sento mancare, sto morendo. Sono all'Arcella, mi adagiano per terra. O gloriosa Domina, li sento cantare, ho scritto io quelle parole. Ecco, ora vedo il mio Signore, sono dall'altra parte. Io mi ricorderò di voi, e voi mi ricorderete pensando ai gigli.

 

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