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Marito infedele, SC: “Nessun risarcimento per la morte della moglie”

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Con la decisione n. 31950 dello scorso 11 dicembre, la III sezione civile della Corte di Cassazione, ha negato il diritto di un marito di ottenere il risarcimento dei danni patiti per il decesso, in un sinistro stradale, della propria moglie, in quanto l'uomo, sebbene non separato legalmente, aveva avuto una relazione extraconiugale con un'altra donna.

In particolare, la Corte – premesso che il fatto illecito costituito dalla uccisione di uno stretto congiunto, quale un coniuge, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella sofferenza morale che solitamente si accompagna alla morte di una persona cara – ha specificato come la surriferita presunzione "ben può essere superata da elementi di segno contrario i quali non comportano, di per sé, l'insussistenza del danno non patrimoniale in capo al coniuge superstite, ma impongono a quest'ultimo, in base agli ordinari criteri di ripartizione dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. di provare di avere effettivamente subito, per la persistenza del vincolo affettivo, il domandato danno non patrimoniale".

Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Tribunale di Matera, adito dagli eredi di una donna, deceduta mentre – alla guida della propria autovettura – impattava violentemente contro un mezzo agricolo non assicurato.

Il Tribunale – accertati i gradi di responsabilità nella causazione del sinistro – accoglieva le domande risarcitorie avanzate dal padre, dai figli e dai fratelli della vittima; rigettava invece quelle proposte dal marito, ritenendo che lo stesso nessun danno non patrimoniale "iure proprio" avesse subito in conseguenza del decesso del coniuge. 

 La Corte di Appello di Potenza, confermava il rigetto della domanda risarcitoria proposta dal marito infedele: i giudici di secondo grado rimarcavano come – se è vero che, tra coniugi non separati, sussiste la presunzione di sussistenza di un progetto di vita in comune e di un vincolo affettivo – nel caso di specie siffatta presunzione era stata superata da elementi di segno contrario, atteso che il marito aveva avuto una relazione extraconiugale, dalla quale era nato un figlio tre mesi prima del sinistro stradale.

In virtù di tali elementi di segno contrario che rappresentavano palesi indici del deterioramento e della cessazione di un rapporto coniugale, sarebbe stato onere dell'uomo dimostrare la perdurante sussistenza tra i coniugi di un vincolo affettivo; di contro, nessuna prova era stata fornita.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione il marito il quale – denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 2059, 2729, 2697 e 143 c.c. e art. 116 c.p.c. – si doleva che la Corte territoriale, sulla sola base di una relazione extraconiugale e della conseguente nascita di un figlio naturale, avesse ritenuto insussistente il legame affettivo tra i coniugi al momento dell'incidente, così rigettando, per mancanza di prova, la richiesta di risarcimento per il subito pregiudizio morale da perdita del rapporto parentale.

In particolare, l'uomo sosteneva che né la relazione extraconiugale né nascita di un figlio naturale potessero costituire gravi e precisi elementi utili a ritenere cancellato totalmente il legame affettivo esistente con il coniuge deceduto e negare qualsiasi forma di ristoro del pregiudizio morale, sicché inopinatamente la Corte aveva equiparato il deterioramento alla cessazione del rapporto affettivo.

La Cassazione non condivide le doglianze del ricorrente.

Gli Ermellini ricordano che, in termini generali, il fatto illecito costituito dalla uccisione di uno stretto congiunto appartenente al ristretto nucleo familiare (genitore, coniuge, fratello) dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella sofferenza morale che solitamente si accompagna alla morte dì una persona cara e alla perdita del rapporto parentale; ne consegue una inevitabile lesione del diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che ordinariamente caratterizza la vita familiare.

Siffatta situazione, tuttavia, rappresenta solo un danno presunto: nella normalità dei casi, in virtù di detta presunzione, il soggetto danneggiato non ha l'onere di provare di avere effettivamente subito il dedotto danno non patrimoniale.

Ciò non esclude che tale presunzione semplice può essere superata da elementi di segno contrario, i quali non comportano, di per sé, l'insussistenza del danno non patrimoniale in capo al coniuge superstite, ma impongono a quest'ultimo, in base agli ordinari criteri di ripartizione dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., di provare di avere effettivamente subito, per la persistenza del vincolo affettivo, il domandato danno non patrimoniale.

Nel caso di specie, erano palesemente emersi detti elementi, consistenti nell'esistenza di una relazione extraconiugale e nella conseguente nascita di un figlio tre mesi prima della morte del coniuge correttamente; a fronte di tale quadro, il marito non aveva fornito la prova di avere effettivamente subito, per la persistenza del vincolo affettivo, il domandato danno non patrimoniale sicché correttamente la Corte territoriale ha rigettato la domanda risarcitoria.

Alla luce di siffatte contingenze, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 

 

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