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Ogni anno, all'assegnazione del Premio Strega, non mancano le polemiche. Giuste o sbagliate che siano. Sarà, forse, per la longevità del premio, è stato istituito a Roma nel 1947 da Maria Bellonci e da Guido Alberti, produttore del "Liquore Strega". O alla "Strega" raffigurata sull'etichetta della bottiglia, un'immagine, così si è sempre detto, legata alle storie della "stregoneria a Benevento, in Campania, che risalgono ai tempi dell'antichità classica".
Quest'anno, lo scorso 4 luglio, il premio è tato assegnato a Antonio Scurati per il suo "M. Il figlio del secolo", per le edizioni Bompiani. "M" sta per Mussolini raccontato attraverso la sua vita, la sua formazione, le sue idee, le sue emozioni, la sua famiglia, le sue amanti, le sue scelte, giuste o sbagliate che fossero. Un romanzo, perché in ultima analisi di questo si tratta, che Scurati ci presenta documentando puntigliosamente ogni pagina delle 840 che gli sono servite per scrivere questa "biografia" dell'uomo che per vent'anni ha retto, governato, condizionato l'Italia dal 1922 al 1943. E "… che ci ha reso quello che siamo".
Antonio Scurati, nato a Napoli nel 1969, ha un curriculum formativo di grandissimo rispetto con studi a Parigi e negli Stati Uniti. E' membro del "Centro Studi sui Linguaggi della guerra e della Violenza".
Nel 2002 pubblica da Mondadori un interessante romanzo, il primo della sua ricchissima bibliografia, "Il rumore sordo della battaglia" che partendo dall'uso in guerra, per la prima volta, del "cannone", usato dal re di Francia Carlo VIII, durante la sua discesa in Italia, analizzando attraverso una serie di battaglie, che vanno dal Quattrocento al Cinquecento, ci offre uno spaccato di vita tra il "Rinascimento e il contemporaneo".
Ora, con questa poderosa opera su Benito Mussolini, "visto dal di dentro", ma che si legge tutta d'un fiato, affronta il periodo cruciale del fascismo: dal 1919, 21 marzo, la "Fondazione dei fasci di combattimento", al 1925, il 3 gennaio e lo storico discorso in Parlamento, sull'assunzione di responsabilità personale per tutto ciò che era successo in Italia.
Il 1919 è un anno di febbrili attività.
La "Prima guerra mondiale" era finita da poco lasciando il Paese immerso in un groviglio di problemi di varia natura. I reduci combattenti alla ricerca di una collocazione nel tessuto produttivo, quasi inesistente. I fermenti politici delle "nuove leve" alla ricerca di spazi dove collocarsi.
Mussolini, con i suoi "Fasci di combattimento" offre possibilità a quanti vogliono seguirlo nei suoi progetti.
Scurati inserisce in questo capitolo, un Telegramma degli ufficiali del 27° battaglione di combattimento e pubblicato dal "Popolo d'Italia" il 7 gennaio 1919: "A te, Mussolini, il nostro bravo per l'opera tua; ma continua per Dio, a picchiar sodo che c'è ancora tanto 'vecchiume' che ci contende il passo. Ti siamo vicini in spirito ma vorremmo presto fiancheggiarti".
Ma sulla stessa pagina, 28, troviamo anche una riflessione di Giacinto Menotti Serrati, dell'ala massimalista del Partito Socialista, di cui Mussolini, ex direttore del quotidiano "Avanti", si era già distaccato.
"Tutto il bassofondo sociale si è armato di rivoltella e di pugnale di moschetti e di bombe a mano… Con la gente dal bassofondo si sono uniti tutti i giovani delle scuole, imbevuti di romanticismo bellico, pieni la testa di fumi patriottici, che vedono in noi socialisti dei 'tedeschi'".
Ogni capitolo è arricchito di documenti inediti, di articoli di giornali, di testimonianze che rendono fluida la lettura. E la riflessione.
Ma per aver un'idea di cosa sia stato quell'inizio, notiamo anche due presenze: Amerigo Dùmini, organizzatore ed esecutore del delitto del parlamentare socialista, 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, e di Tommaso Filippo Marinetti, capostipite del movimento "Futurismo", di cui a pagina 43, troviamo la riproduzione di un "Proclama affisso sui muri di Milano" e firmato anche dal sodale Ferruccio Vecchi: "Nella giornata del 15 aprile avevamo assolutamente deciso, con Mussolini, di non fare alcuna controdimostrazione poiché prevedevamo il conflitto e abbiamo orrore di versare sangue italiano. La nostra controdimostrazione si formò spontanea per invincibile volontà popolare. Fummo costretti a reagire contro la provocazione premeditata degli imboscati… Col nostro intervento intendiamo di affermare il diritto assoluto di quattro milioni di combattenti vittoriosi, che soli devono dirigere e dirigeranno ad ogni costo la nuova Italia. Non provocheremo, ma se saremo provocati aggiungeremo qualche mese ai nostri quattro anni di guerra…"
Parlando delle donne di Mussolini il pensiero vola subito a Claretta Petacci, che l'ha seguito fino all'ultimo atto il 25 aprile del 1945.
Questo libro di Scurati, non dimentichiamo che stiamo parlando di un "romanzo", ne dà ampie notizie.
Della scomparsa, dalla memoria collettiva, Ilda Dalser, reclusa in un manicomio dopo la presa del potere di Mussolini, e del figlio Benito Albino, di cui non si è più saputo niente. Memorabili le scenate, o sceneggiate, se volete, debitamente testimoniate, che questa donna quotidianamente andava a programmare nella sede del "Popolo d'Italia", il giornale di Mussolini. Per richiamare ai suoi doveri di amante e di padre del suo bambino.
E poi c'era Margherita Sarfatti, nobildonna veneziana, ricca, di grande spessore culturale che seppe introdurre Mussolini alle letture del mondo classico.
"E allora la gran dama trascorre le sue giornate nelle stanzette della redazione del "Popolo d'Italia", poi dopo la chiusura, la raffinata intellettuale si rintana con il rozzo autodidatta in qualche piccolo albergo fetente e si lascia amare. Ogni volta porta con sé un nuovo libro, gli spalanca la mente, gli elargisce il suo corpo, lo educa alla lettura dei classici e gli insegna a indossare le ghette sopra le scarpe scalcagnato da rivoluzionario trasandato e pezzente".
Dopo l'assegnazione del premio "Strega" si è augurato che il libro possa essere letto dai giovani affinchè comprendano cosa sia stato il fascismo e ne traggono le giuste conseguenze.
Ed è questo anche il nostro augurio.
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.