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Menu vegani nelle mense scolastiche, no dei giudici: "Scuola pubblica non assecondi ogni moda"

Impensabile, nella scuola pubblica, che la mensa debba assecondare tutte le richieste che vengano dagli alunni tramite i loro genitori, a partire da quelle di pasti vegani. così si sono espressi i giudici del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Bolzano, che con la sentenza n. 35 del 31 gennaio 2018, hanno respinto il ricorso proposto dai genitori di un alunno, che avevano impugnato il diniego emesso dall´amministrazione rispetto alla loro richiesta di un menù personalizzato di un pasto vegano.

I Fatti
I genitori di un alunno di un asilo nido avevano richiesto all´amministrazione competente un menù personalizzato in favore del figlio, e, in particolare, un pasto vegano.
Tale richiesta veniva rigettata dall´Ufficio competente del Comune di Bolzano anche in ragione della puntuale esecuzione del regolamento approvato con delibera del Consiglio comunale di Bolzano che individuava quattro tipologie di diete di ispirazione vegetariana, ovvero riconducibili a convinzioni etico-religiose "maggiormente richieste" nel contesto multiculturale e multietnico in cui si trovavano, ormai da tempo, ad operare le scuole dell´infanzia cittadine.
Col ricorso proposto, i ricorrenti, tra gli altri motivi, deducevanola violazione dei precetti costituzionali posti a tutela dei diritti fondamentali della persona (art. 2), del principio di uguaglianza sostanziale (art. 3), dei diritti di libera manifestazione del pensiero (art. 21) e di libera educazione dei figli (art. 30), nonché del diritto alla salute (art. 32); la violazione delle "Linee di indirizzo per la ristorazione scolastica" (G.U. n. 134 del 11.06.2010) adottate dal Ministero della Salute, ove si stabilisce che "vanno assicurate adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose" precisando altresì che tali sostituzioni "non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori".
Le ragioni della decisione
I giudici amministrativi hanno ritenuto infondato il ricorso. Va negata la dedotta lesione dell´interesse legittimo azionato da parte ricorrente per presunta violazione di una serie di precetti costituzionali posti a presidio di diritti fondamentali della persona (artt. 2, 3, 21, 30 e 32). Secondo i giudici amministrativi dopo aver richiamato alcune pronunce del Consiglio di Stato, C. Cost., sent. n. 248/2011; Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 5251/2017 e id., sent. n. 4347/17) che richiamano il concetto di" diritti finanziariamente condizionati", hanno affermato che "compete all´Amministrazione il compito di fissare le condizioni e i limiti e, più in generale, la cornice delle linee organizzative e delle modalità procedurali entro la quale si attua il servizio pubblico finalizzato alla soddisfazione del diritto primario interessato.....le scelte organizzative in questa materia rientrano nella sfera di massima discrezionalità politico-amministrativa, demandata all´amministrazione." Il giudice amministrativo deve quindi limitarsi a valutare se sussistano in questo apprezzamento discrezionale riservato all´amministrazione motivi di illogicità, di contraddittorietà, di ingiustizia manifesta, di arbitrarietà o di irragionevolezza nella scelta amministrativa (v., sul punto, Cons. St., Sez. III, sent. n. 3297/2016; id. sent. n. 2501/2016 e id. sent. n. 604/2015).
 

 
In conclusione nel caso in esame, l´operato dell´amministrazione è risultato legittimo in quanto il Collegio ha ritenuto che "il riconoscimento del diritto di consumare pasti conformi alle proprie convinzioni etico-filosofiche all´interno di una struttura educativa pubblica non è assoluto e incontra limiti sia esterni, posti dall´esistenza di diritti costituzionali di pari rango, che interni, connaturati all´assetto organizzativo dell´amministrazione e dal sistema di erogazione del servizio in questione."

Per tali motivi il ricorso è stato rigettato.
Si allega sentenza
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