Ogni avvocato e´ tenuto a provvedere puntualmente all´adempimento delle obbligazioni che assume nei confronti dei terzi (art. 64 ncdf) e cio´ indipendentemente dalla natura privata del debito. Tale obbligo di natura deontologica oltre che giuridica mira a tutelare l´affidamento dei terzi nella capacita´ dell´avvocato di rispettare i propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall´inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista, ma ancor più sulla immagine della classe forense (Nel caso di specie, nonostante l´elevato tenore di vita, il professionista si rendeva inadempiente agli obblighi posti a suo carico dalla sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, subendo otto atti di precetto e due decreti ingiuntivi).
Nel confermare la misura disciplinare irrogata dal COA di Trani, il Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Piacci), con sentenza del 11 novembre 2015, n. 165, pubblicata il 28 giugno 2016, ha sottolineato come esattamente era stata richiamata, dal primo giudice, "la sentenza di questo Consiglio del 18 maggio 2009 n. 39, secondo cui "l´avvocato è sempre tenuto a provvedere regolarmente all´adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti di terzi in forza di un obbligo non soltanto giuridico, ma anche deontologico, purché tuttavia ciò sia costituito un titolo (sentenza, assegno, cambiale) che fra l´altro riporti ad una connotazione particolarmente
negativa a causa della pubblicità che ne viene data, e ciò indipendentemente dal fatto della
natura privata o professionale del debito". Questo Consiglio valuta quindi che correttamente il COA di Trani abbia ritenuto che ci fosse stata violazione dell´art. 5 del Codice Deontologico Forense, nell´accezione costantemente affermata da questo medesimo Consiglio secondo cui: "La norma dell´art. 5 del codice
deontologico riguarda quelle attività che, pur realizzate nella dimensione privata, siano astrattamente idonee a ledere i valori presidiati. Il fatto, pertanto, che un avvocato non adempia alle obbligazioni titolate, giungendo a subire sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, costituisce illecito disciplinare, soprattutto se gli episodi di ripetono e raggiungono la notorietà. La violazione deontologica, sussiste anche a prescindere alla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l´immagine dell´avvocato risulta compromessa agli
occhi dei creditori e degli operatori del diritto (Giudici e Ufficiali Giudiziari)". (C.N.F. 25/02/2011 n. 15, conformi C.N.F. 22/10/2010 n. 105 ; C.N.F. 15/12/2006 n. 164).
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Damascelli), sentenza del 12 marzo 2015, n. 27, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Florio), sentenza del 16 aprile 2014, n. 57, Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Mariani Marini), sentenza del 16 aprile 2014, n. 45; Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Broccardo), sentenza del 21 febbraio 2014, n. 12; Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Broccardo), sentenza del 12 dicembre 2013, n. 208; Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Pisano), sentenza del 15 marzo.
Sentenza allegata
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