Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 10356/2016 con la quale ha affermato il principio secondo cui il requisito della tempestività in relazione ad un provvedimento disciplinare non va valutato con riferimento all´astratta conoscibilità dei fatti danti causa all´iniziativa disciplinare, ma in relazione al momento successivo in cui il datore di lavoro viene a conoscenza effettivamente dei fatti contestati.
In tal senso secondo i Giudici Supremi, non è possibile basare l´eventuale azione disciplinare su puri e semplici sospetti.
Infatti, in una prospettiva garantistica del lavoratore va evidenziato che, in quest´ultima ipotesi, il datore di lavoro agirebbe contrariamente ai principi che sorreggono il rapporto sinallagmatico, di buona fede ed affidamento, anticipando la sanzione senza disporre di una completa conoscenza dei fatti.
Nel caso de quo, ad avviso della Suprema Corte, risulta pertanto legittimo il licenziamento di un dipendente, non potendosi di fatto ritenersi tardiva l´azione disciplinare irrogata.
Per i giudici di legittimità, infatti, tale vizio di tardività non sussiste in quanto gli illeciti disciplinari erano venuti a galla nella loro oggettività solo a seguito di specifiche indagini svolte dai revisori della società in sede di audit.
Sentenza allegata
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