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L'avvocato che rinuncia al mandato può disinteressarsi del suo ex assistito?

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 Fonti: https://www.codicedeontologico-cnf.it/

La rinuncia al mandato ha effetti immediati? Quando l'avvocato che rinuncia al mandato può disinteressarsi dell'ex assistito? Questi quesiti sono stati risolti dalla giurisprudenza sia di legittimità che disciplinar. In particolare la giurisprudenza ha chiarito:

  • la disciplina applicabile;
  • la necessità di dare un congruo preavviso all'assistito circa la volontà di rinunciare all'incarico professionale;
  • gli effetti della rinuncia al mandato da parte dell'avvocato;
  • gli obblighi dell'avvocato che rinuncia;
  • il diritto al compenso.

Disciplina. Quanto alla disciplina, la Corte di Cassazione ha precisato che il contratto di patrocinio, con il quale il professionista assume l'incarico di rappresentare la parte in giudizio, trova la sua speciale disciplina negli articoli da 82 a 87 c.p.c. e nelle norme speciali in materia di professione di avvocato e dei suoi compensi. Queste disposizioni, in deroga agli art. 2119 e 2237 c.c. che disciplinano il contratto d'opera intellettuale, prevedono la possibilità dell'avvocato di rinunciare al mandato liberamente senza necessità che ricorra una giusta causa. Infatti a norma dell'art.85 c.p.c. «la procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi» (Corte di Cassazione II Sez. Civile, ordinanza n.7180 del 10 marzo 2023).

Congruo preavviso. Senza dubbio il difensore che intende rinunciare al mandato è tenuto a darne al cliente un congruo preavviso. Infatti, il Consiglio nazionale forense ha evidenziato che, se da un lato la rinuncia al mandato costituisce un diritto del professionista, dall'altro la facoltà concessa al difensore non deve collidere con le esigenze di difesa dell'assistito negando a quest'ultimo la possibilità di scegliere un nuovo difensore di fiducia. Pertanto sia nelle cause civili che in quelle penali, l'avvocato deve aspettare che il cliente abbia nominato un nuovo difensore per il processo. (in particolare nell'ambito del processo penale, l'avvocato deve concedere al nuovo difensore un "termine congruo, non inferiore a sette giorni", al fine di prendere cognizione del processo e visionarne gli atti) (CNF, sentenza n.64 del 29 luglio 2019).

 Peraltro "in ipotesi di irreperibilità della parte assistita, l'avvocato deve comunicare alla stessa la rinuncia al mandato con lettera raccomandata all'indirizzo anagrafico o all'ultimo domicilio conosciuto o a mezzo p.e.c.; con l'adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l'avvocato è esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dall'effettiva ricezione della rinuncia" (art.32 co.3 Codice deontologico forense).

Obblighi dell'avvocato che rinuncia al mandato. Onde evitare conseguenze pregiudizievoli sia all'assistito che alla controparte, l'art.85 c.p.c. prevede, altresì, che la revoca e la rinuncia non hanno «effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore». Ciò comporta che l'attività di rappresentanza in giudizio prosegue ad ogni effetto fino alla nomina di nuovo difensore, con la duplice conseguenza che

  1. non è corretto che l'avvocato che rinuncia al mandato si disinteressi dell'assistito prima che della nomina del nuovo difensore;
  2. permangono in capo al difensore, alcuni obblighi, quali:
  • l'obbligo di l'elezione di domicilio e
  • l'obbligo di informare l'ex assistito di eventuali notifiche e comunicazioni ricevute (CNF sentenza n.127 del 16 giugno 2023; CNF, sentenza n. 237 del 4 dicembre 2020).

 Tra l'altro questi principi sono validi anche per la revoca del mandato, quanto meno sotto il profilo della violazione dei doveri di correttezza e di diligenza (artt. 9 e 12 ncdf, già artt. 6 e 8 codice previgente) (CNF sentenza n.7 del 26 marzo 2019).

Sanzioni disciplinari. Il difensore, dunque, nell'esercitare il suo diritto alla libera rinuncia al mandato, deve assicurare ogni attività implicata dalla rappresentanza in giudizio fino alla sua sostituzione; la violazione di questo dovere è sanzionato con la censura dall'art.32 Codice deontologico forense e può essere fonte di risarcimento dei danni. Sul punto la Cassazione ha precisato che "i danni risarcibili non possono essere identificati, attesa la libertà di recesso, nelle immediate conseguenze della rinuncia al mandato, cioè, per l'assistito, nella necessità di procurarsi un nuovo difensore, ma soltanto nelle conseguenze dell'esercizio del diritto di rinuncia da parte del difensore in violazione delle modalità e delle cautele prescrittegli" (Corte di Cassazione II Sez. Civile, ordinanza n.7180 del 10 marzo 2023).

Diritto al compenso. La rinuncia al mandato non comporta la perdita del diritto al compenso; infatti a norma dell'art.7 L. 13 giugno 1942 n. 794 «per le cause iniziate, ma non compiute ovvero nel caso di revoca della procura o di rinunzia alla stessa, il cliente deve all'avvocato gli onorari corrispondenti all'opera prestata» senza alcun riferimento alla necessità della giusta causa. In altri termini l'avvocato ha sia il diritto di recesso sia il conseguente diritto al compenso senza necessità di stabilire la causa e l'imputabilità dell'interruzione del rapporto professionale (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13329 del 2000). 

 

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