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L'ammissibilità di nuovi mezzi prova nel rito del lavoro: focus alla luce della recente giurisprudenza

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Inquadramento normativo: Art. 437 c.p.c.

Rito del lavoro e nuovi mezzi di prova: Nel rito del lavoro, vige un rigoroso sistema di preclusioni con riferimento all'ammissione sia delle prove costituite che di quelle costituende (Tribunale Roma Sez. lavoro, sentenza 8 gennaio 2020). Infatti, una volta depositato il ricorso introduttivo «(o, con riguardo al convenuto, successivamente al deposito della memoria di costituzione e risposta)», non sono ammessi nuovi mezzi di prova. Il principio di preclusione che governa il rito del lavoro va sempre rispettato. Tuttavia, è possibile l'acquisizione di documenti successivamente al deposito del ricorso introduttivo «(o, con riguardo al convenuto, successivamente a quello della memoria di costituzione e risposta)» a precise condizioni, ossia quando si tratti:

  • di documenti formati o giunti nella disponibilità della parte solo dopo lo spirare dei termini preclusivi (Cass., nn. 4080/2009 ; 1369/2004; 5068/1995, richiamate da Cass. civ. Sez. lavoro, n. 33393/2019);
  • di documenti la cui rilevanza emerge in ragione dell'esigenza di replicare a difese altrui che, in adeguamento agli sviluppi indotti dal contraddittorio, giustifichino l'ampliamento probatorio (Cass., nn. 6969/2009; 16337/2009, richiamate da Cass. civ. Sez. lavoro, n. 33393/2019);
  •  di documenti «necessari per integrare, in definizione di una pista probatoria concretamente emersa, la dimostrazione dell'esistenza o inesistenza di un fatto la cui sussistenza o insussistenza, altrimenti, sarebbe destinata a essere definita secondo la regola sull'onere della prova» (Cass., nn. 28134/2018, 11845/2018, richiamate da Cass. civ. Sez. lavoro, n. 33393/2019). In quest'ultimo caso il rigore del sistema di preclusioni su descritto trova un contemperamento, ossia il giudice potrà ammettere nuove prove se le ritiene indispensabili ai fini della decisione della causa. Questa ammissibilità si ispira «all'esigenza della ricerca della "verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova» (Tribunale Roma Sez. lavoro, sentenza 8 gennaio 2020).

I poteri-doveri officiosi e la deroga delle regole sulle prove: I poteri-doveri officiosi del giudice relativi all'ammissibilità di nuovi documenti nel rito del lavoro e in deroga al sistema di preclusioni in esso vigente, devono essere esercitati nei limiti dei «fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse» (Tribunale Roma Sez. lavoro, sentenza 8 gennaio 2020).

In buona sostanza, detti poteri vanno esercitati in coerenza con i fatti allegati dalle parti e con l'indispensabilità degli stessi ai fini della decisione. E ciò «al fine di percorrere una pista probatoria palesata dagli atti». Solo in questo modo detti poteri potranno derogare non solo «le regole sulle prove dettate dal codice civile, ma anche le norme sull'assunzione delle prove dettate per il rito ordinario». In pratica, il giudice, attraverso l'esercizio di detti poteri, potrà prescindere:

  • dall'iniziativa di parte, in deroga all'art. 210 c.p.c. quanto all'esibizione di cose e documenti;
  • dal consenso di tutte le parti alla consultazione di documenti non precedentemente prodotti, in deroga all'art 198 c.p.c., quanto alla consulenza tecnica d'ufficio in materia contabile (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 32265/2019).

Nuovi documenti, rito del lavoro e giudizio d'appello: «Nel rito del lavoro, stante l'esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, allorché le risultanze di causa offrano significativi dati di indagine, il giudice, anche in grado di appello, ove reputi insufficienti le prove già acquisite, può, in via eccezionale, ammettere, anche d'ufficio, le prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di fatti costitutivi dei diritti in contestazione, sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento» (Cass., nn. 6753/2012; 12856/2010; 2379/2007; 278/2005, richiamate da Cass. civ. Sez. lavoro, n. 19661/2019) In pratica, nel rito lavoro, anche in grado d'appello, l'ammissibilità di nuovi documenti «dev'essere vagliata sotto il profilo della rilevanza degli stessi in termini di indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum e avuto riguardo allo sviluppo assunto dall'intero processo» (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 8441/2020). 

 

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