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Una complessa, misteriosa e affascinante serie di quindici cartoline postali francesi pubblicate agli albori del Novecento riguardante la figura di Jeanne Chauvin prima donna avvocato ad esercitare in Francia (1907) questa professione fino ad allora preclusa al genere femminile, ci fornisce la possibilità di indagare la funzione e l'uso dell'immagine all'interno dei conflitti sociali e, nel caso in esame del conflitto di genere.
Le cartoline postali vennero stampate nella tipografia Royer, tutt'ora operante, nella città lorena di Nancy. L'autore degli scatti fu il fotografo A. Marinet nativo della città di Nantes. La collezione attualmente è posseduta da uno dei più noti collezionisti, Marc Durelle. Di questa collezione si è finora occupata unicamente l'Università di Rennes ospitando un piccolo intervento di analisi sul proprio blog.
Ma procediamo con ordine: chi era Jeanne Chauvin? Figlia di notaio, nasce a Jarqeau (Loirette) nel 1862, rimane orfana a sedici anni, studentessa più che brillante, ottiene due licenze medie superiori, in Scienze e in Lettere e due lauree, una in Diritto e una in Filosofia per poi divenire dottoressa in Diritto. È la seconda donna in Francia ad ottenere una laurea in giurisprudenza nel 1890 ed è la prima donna francese a sostenere un dottorato in diritto nel 1892, che dedica allo "Studio storico delle professioni accessibili alle donne". La tesi di questo studio afferma, in sintesi, che è stata a seguito dell'influenza del pensiero giudaico-cristiano e cattolico che si è consolidata l'ineguaglianza giuridica tra gli uomini e le donne. Nella sua tesi sviluppa e rivendica un pensiero di uguaglianza per la donna sia nell'ambito dell'accesso all'istruzione sia per quanto concerne l'accesso a tutte le professioni, che siano pubbliche o private.
Nel 1892 la discussione della sua tesi nel grande anfiteatro della Sorbona viene ripetutamente interrotto e disturbata da urla, schiamazzi e canti provocatori inscenati da contestatori. Solo a seguito dell'intervento delle guardie può finalmente portare a termine la discussione sulla sua tesi avente come argomento «le professioni accessibili alle donne nel diritto romano e nel diritto francese». Qualche giorno più tardi diviene dottore in Diritto con l'approvazione generale della giuria.
Viene così incaricata di fare lezione nei licei femminili di Parigi; diviene titolare della cattedra di diritto nel liceo Molière, contestualmente intraprende una dura battaglia per affermare il diritto alle donne sposate di essere testimoni negli atti pubblici e privati, e di disporre dei frutti del loro lavoro o degli affari personali.
Il 24 novembre 1897 in possesso di tutti i titoli e requisiti necessari si presenta alla Corte d'Appello di Parigi per espletare il giuramento di avvocato. Il rifiuto le viene notificato il 30 novembre, con la motivazione che la legge non autorizza le donne ad esercitare la professione di avvocato, esercizio riservato fino ad allora esclusivamente per diritto ai soli uomini.
Dovranno passare ben due anni, fitti di rivendicazioni e lotte del movimento femminista e della parte meno retriva del fronte progressista affinché si giunga il 30 giugno del 1899 alla discussione alla Camera della proposta di legge depositata da Renè Viviani congiuntamente a vari colleghi avvocati tra cui Raymond Poincarrè il cui proposito è quello di permettere alle donne di accedere alla professione in nome del «principio di legalità di accesso alla professione di avvocato vista l'uguaglianza del titolo di studio tra uomo e donna».
Ci vorrà un altro anno di serrate discussioni prima che venga approvata ed entri in vigore la legge (numero 1900-1201) che sarà pubblicata sul Journal Officel (Gazzetta Ufficiale) il primo dicembre del 1900 che permette alle donne di accedere pienamente al Tribunale con il potere di esercitare la professione di avvocato (...)
Veniamo ora alle cartoline. Abbiamo detto che si presentano come una serie in numero di quindici. Tutte sono interpretate dalla stessa modella, abbigliata come da moda dell'epoca. Il trucco e l'acconciatura sono votate alla massima sobrietà. Le riprese effettuate sono tutte frontali presentando il soggetto come se fosse rivolto verso il giudice e la corte. La scrittura luminosa utilizzata caratterizza l'immagine dandole una forte connotazione descrittiva. La recitazione è sostenuta da una mimica facciale e gestuale corporea priva di enfasi caricaturale. Le immagini trasmettono una forte sensazione di serenità e normalità.
Estratto dello scritto di Gabriele Agostini (popoff 2014)
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