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Infortuni lavoro, giudice tenuto a ricostruire fatti per assicurare a danneggiato risarcimento integrale

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza n. 4015 del 2016, con la quale i Supremi Giudici hanno precisato che se il risarcimento del danno in favore di un lavoratore che abbia subito un infortunio scende al di sotto degli importi stabiliti dalle tabelle di Milano, è necessario che la sua determinazione si basi sulla precisazione delle modalità con le quali si è tenuto conto delle circostanze in cui si è verificato l´infortunio e che hanno determinato in concreto il pregiudizio risarcito.
Non essendo stata fatta questa valutazione in sede di marito, i Giudici di legittimità hanno affermato con nettezza la necessità, anche nel caso "de quo", che fosse posta in essere questo tipo di valutazione in ordine alle circostanze e modalità della verificazione dell´evento dannoso.
La Corte ha inoltre ribadito con la Sentenza in commento il principio in base al quale, trattandosi di un infortunio verificatosi prima del 2000, la rendita Inail non avrebbe potuto essere decurtata del danno differenziale di natura non patrimoniale: essa, infatti, non comprendeva, prima del 2000, il danno biologico ma si limitava al danno patrimoniale alla capacità lavorativa.
Gli Ermellini in buona sostanza hanno precisato, confermando anche vecchi orientamenti, che il giudice, pur non essendo tenuto a supportare la sua decisione con una motivazione minuziosa e particolareggiata, è tuttavia tenuto, in sede di valutazione equitativa ai sensi degli artt. 1226 e 2059 cod. civ., ad individuare dei validi criteri di giudizio parametrati alla specificità del caso da esaminare in funzione di una personalizzazione del danno, personalizzazione non conseguibile, invece, attraverso il ricorso ai criteri predeterminati e standardizzati contenuti nelle tabelle. Il giudice, invero, è tenuto ad esplicitare, in motivazione, se e come abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto, per assicurare un risarcimento integrale del pregiudizio subito da ciascun danneggiato .
La Corte ha affermato, inoltre, che nella liquidazione equitativa del danno, per evitare che la relativa decisione sia arbitraria e sottratta a qualsiasi controllo, è necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e sia pure con l´elasticità propria dell´istituto e nell´ambito dell´ampio potere discrezionale che lo caratterizza, i criteri che egli ha seguito per determinare l´entità del danno.
La categoria generale del danno non patrimoniale presenta, invero, natura composita, articolandosi in una serie di aspetti aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale, quello biologico, e quello esistenziale, dei quali - ove essi ricorrano cumulativamente - occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell´integralità del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto venga computato più volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni.
In conclusione, la Corte ha accolto le doglianze del lavoratore.

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