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Nel caso sottoposto al suo esame, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35398 depositata lo scorso 1 agosto 2019, traccia la linea di discrimine dei casi in cui debba essere dato avviso al difensore circa l'effettuazione del test alcolemico da quelli in cui tale avviso non sia dovuto.
E' ormai noto come la Corte abbia elaborato il principio per cui "In tema di guida in stato di ebbrezza, sussiste l'obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi dell'art. 356 c.p.p., e art. 114 disp. att. c.p.p., in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico, qualora l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 5".
In pratica, quando a richiedere l'esame sia la polizia giudiziaria, il personale sanitario opera come delegato ai sensi dell'art. 348 co. 4 c.p.p., non potendo rifiutarsi di effettuare i controlli ma dovendo avvertire l'indagato del diritto di farsi assistere da un difensore.
Viceversa, l'avviso non dovrà essere dato quando i sanitari decidano in autonomia di compiere l'accertamento alcolemico e il relativo test.
La questione controversa rimane dunque stabilire quando l'accertamento sia scaturito da un'autonoma richiesta da parte della Polizia giudiziaria e quando esso sia invece conseguenza di una iniziativa del personale sanitario, specie nei casi, non infrequenti, nei quali vi sia una contestualità di interventi o sovrapposizione di iniziative (della Polizia giudiziarie per fini investigativi e del personale sanitario per ragioni di cura).
In questi casi la Corte indica il principio a cui attenersi per individuare la titolarità della richiesta.
Tale verifica dovrà effettuarsi "enucleando dagli atti gli elementi che possano rivelare in modo soddisfacente tale aspetto e, se del caso, procedere ad opportune verifiche in questo senso, esaminando, ad esempio, il personale medico che ha dato la disposizione di procedere alla rilevazione di tale dato ed acquisendo eventuale documentazione sanitaria attestante le condizioni di salute della persona giunta in ospedale".
Di tutti questi dati deve essere dato atto nella motivazione, pena la cassazione della sentenza - come avvenuto nel caso di specie – e la rimessione ad altra sezione per un nuovo giudizio.
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Sono un giovane avvocato presso il foro di Siena.
Mi sono laureata presso l'Università degli Studi di Siena nel 2015 in diritto penale amministrativo e responsabilità degli enti giuridici (d.lgs. 231/2001).
Presso lo stesso Ateneo ho conseguito il diploma presso la scuola di specializzazone per le professioni legali nell'estate del 2017.
La mia passione per i viaggi e per la tutela dei diritti, mi ha portato più volte in Africa al seguito di progetti di cooperazione internazione insiema alla mia famiglia.
Amo leggere, studiare e mi interesso di tutto ciò che può essere chiamato cultura a partire da quella classica fino alle tematiche di maggior attualità.