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In presenza di comportamenti concludenti, il giudice tributario può ritenere invalida la rinuncia all’eredità?

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Riferimenti normativi: Art. 519 c.c.

Focus: Il giudice tributario può ritenere invalida la rinuncia all'eredità del coniuge superstite legittimando, in tal modo, l'avviso di liquidazione delle imposte ipo-catastali emesso dall'Agenzia delle Entrate? Sulla questione si è pronunciata la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado dell'Abruzzo con sentenza n. 439/7 del 5/06/2025.

Il caso è scaturito dall'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso una sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado che ha accolto il ricorso proposto da una contribuente avverso l'avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dall'Amministrazione finanziaria. In particolare, l'Ufficio, disconoscendo la rinuncia all'eredità presentata formalmente dalla contribuente, aveva proceduto nei confronti della stessa all'accertamento dell'attivo ereditario, alla liquidazione delle imposte ipotecarie e catastali e della relativa sanzione per omessa presentazione della dichiarazione di successione a seguito del decesso del marito. 

Successivamente, chi ha rinunciato all'eredità può revocare la rinuncia rendendo formalmente in Cancelleria la dichiarazione contraria a quella effettuata con l'atto di rinuncia, ma ciò non era avvenuto nel caso in esame. Con il ricorso in appello, l'Ufficio ha sostenuto che, nella fattispecie, era ipotizzabile una revoca tacita all'eredità, avvenuta attraverso un comportamento concludente, e che i giudici avevano omesso di valutare i fatti da cui si rilevava che, in realtà, la contribuente doveva essere considerata erede pura e semplice, avendo tenuto il possesso di beni ereditari e non avendo effettuato alcun tempestivo inventario. Infatti, la stessa era stata immessa nel possesso dei beni del de cuius, aveva continuato ad avere la residenza e ad abitare nel medesimo immobile di proprietà del defunto marito, pagava la Tari, era intestataria delle utenze di elettricità e di gas del suddetto immobile, e continuava a percepire redditi di locazione. La Corte di Giustizia tributaria di secondo grado ha ritenuto l'appello dell'Ufficio infondato. A tal proposito, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, i giudici hanno ribadito principi fondamentali in materia di rinuncia all'eredità. In particolare, "la rinuncia all'eredità è un negozio giuridico unilaterale e solenne che produce effetti retroattivi, con la conseguenza che il rinunciante deve essere considerato come se non fosse mai stato chiamato all'eredità e, pertanto, è del tutto estraneo alle obbligazioni e ai debiti contratti dal de cuius, soprattutto allorquando, come nel caso di specie, si discuta di rapporti risalenti nel tempo, e regolati secondo la volontà di quest'ultimo, non del chiamato all'eredità (Ordinanza Cass. n.2396/2006)". 

Ancora, "in tema di imposta di successione, il chiamato all'eredità che, dopo aver presentato la denuncia di successione, ricevuto l'avviso di accertamento dell'imposta ometta di impugnarlo, determinandone la definitività, non è tenuto al pagamento dell'imposta ove successivamente rinunci all'eredità, in quanto l'efficacia retroattiva della rinuncia, legittimamente esercitata, determina il venir meno con effetto retroattivo anche del presupposto impositivo (sentenza Cass.n.11832/2022). In merito al possesso dei beni ereditari, la mera residenza nell'immobile non costituisce di per sé prova del possesso, come affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n.1920 del 29/01/2008, posto che il coniuge, con l'apertura della successione, diviene titolare del diritto reale di abitazione della casa adibita a residenza familiare, non a titolo successorio-derivativo bensì a diverso titolo costitutivo, fondato sulla qualità di coniuge, che prescinde dai diritti successori. Pertanto, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha confermato la sentenza impugnata perché la rinuncia all'eredità del defunto, ricevuta dal Cancelliere del Tribunale, non era mai stata formalmente revocata, ed ha rigettato l'appello dell'Ufficio, precisando che la stessa Corte può conoscere delle questioni civilistiche solo incidentalmente e ai limitati fini della decisione tributaria e, quindi, non poteva pronunciarsi sulla richiesta dell'Ufficio e ritenere invalida la rinuncia all'eredità. 

 

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