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Imposta sulle scommesse: sono soggetti passivi di imposta i Centri di trasmissione dati?

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Riferimenti normativi: D.Lgs.n.504/98

Focus: La raccolta di scommesse effettuata dai Centri di trasmissione dati (CTD) costituisce presupposto oggettivo per l'applicazione dell'imposta sulle scommesse? Sulla questione si è pronunciata la Corte di giustizia di secondo grado del Lazio con la sentenza n.4942 del 25/8/2023.

Principi generali: L'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è disciplinata dal D.Lgs. n.504/98. Essa è un'imposta indiretta che colpisce l'attività organizzativa e l'esercizio delle scommesse e dei concorsi pronostici per i quali viene corrisposta una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione è richiesto il pagamento di una posta in denaro (Cass. SS.UU. 9672/2009). La base impositiva viene determinata non in base alla giocata in quanto tale ma sulla base della prestazione e del servizio di gioco. La legge di bilancio 2019 ha previsto che, a decorrere dal 1 ° gennaio 2019, l'imposta unica sia applicata in aliquota variabile (20%, 24%, 25%) a seconda dell'attività di gioco o scommessa posta in essere. La normativa è stata anche oggetto di intervento della giurisprudenza, sia della Corte Costituzionale che della Corte di Giustizia europea, secondo la quale sono soggetti passivi di imposta tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, compresi gli operatori di un Paese membro della Comunità Europea. 

Il caso: La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso proposto da un contribuente avverso l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia dei Monopoli nei suoi confronti, in qualità di obbligato solidale pro quota con il bookmaker estero, per l'attività di raccolta scommesse esercitata. L'accertamento, con il quale veniva determinata l'Imposta Unica per l'anno 2013, oltre sanzioni ed interessi, si fondava su un processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza del 2017 per l'attività di raccolta fisica di scommesse svolta in Italia per conto di un bookmaker estero di Malta privo di autorizzazione ad operare in Italia. Il ricorrente aveva eccepito la mancanza dei presupposti per l'accertamento perché aveva cessato l'attività di raccolta delle scommesse ed effettuato la cessazione della ditta individuale nell'anno 2011. I primi giudici accoglievano il ricorso per difetto di presupposto impositivo riguardo alla documentata cessazione dell'attività in data antecedente (2011) rispetto all'anno di imposta accertato (2013), condannando alle spese di lite gli Uffici. L'Agenzia Monopoli e Dogane proponeva appello ritenendo erronea la decisione dei primi giudici basata sulla cessazione dell'attività del contribuente e chiedeva la riforma della sentenza e la decisione sulle spese di lite secondo giustizia. Il contribuente si costituiva in giudizio, con proprie controdeduzioni, facendo rilevare l'inammissibilità dell'appello per la mancanza dei motivi di impugnazione e l'infondatezza dello stesso in quanto contenente mere enunciazioni riferibili ad un'attività investigativa che riguardava un altro soggetto giuridico (il bookmaker).

La Corte di giustizia tributaria ha ritenuto l'appello fondato per i seguenti motivi. Innanzitutto, dal processo verbale della Guardia di Finanza, richiamato nell'avviso di accertamento, e dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza e dall'Agenzia Dogane e Monopolio, è risultato che il contribuente pur avendo chiuso l'attività commerciale nel 2011 aveva continuato a raccogliere scommesse per conto del bookmaker estero con evasione totale dell'imposta unica. L'Ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, utilizzando metodologie di accertamento induttivo (art.24, comma 8, D.L.n.88/2011, conv. in L.n.111/2001), aveva rettificato l'imposta dovuta sulle scommesse sulla base degli elementi acquisiti dalla Guardia di finanza con l'utilizzo dei supporti informatici forniti dalla società estera. Tali elementi riguardavano l'ammontare delle giocate effettuate anche nel punto vendita gestito dall'appellato e, inoltre, il valore della raccolta media della provincia desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale. Il contribuente avrebbe potuto accedere ad essi previa richiesta per contestare l'operato dell'ufficio, invece, non aveva fornito prova contraria all'accertamento dell'ufficio. Pertanto, richiamandosi a giurisprudenza della Corte di Cassazione (Ord.14290/14; sent.n.26293/2005), la Corte di giustizia ha riconosciuto a tali elementi valore probatorio ed ha osservato che la raccolta delle scommesse costituisce il presupposto oggettivo per l'applicazione dell'imposta. Poiché l'imposta unica si applica anche se la sede legale dell'allibratore si trovi in un altro paese dell'Unione europea, i Centri di Trasmissione Dati (CTD) sono soggetti passivi dell'imposta unica sulle scommesse e la raccolta delle scommesse. Sulla base di tale principio, la Corte di giustizia laziale ha accolto l'appello ritenendo irrilevante, nel caso di specie, il fatto che la scommessa venga trasmessa telematicamente all'estero, poiché il contratto tra lo scommettitore e il CTD si è perfezionato in Italia, ed ha condannato la parte appellata a pagare le spese processuali.

 

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