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Il rischio di abuso edilizio per interventi di manutenzione esterna di un appartamento in area vincolata paesaggisticamente

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Riferimenti normativi: Artt. 3 e 44 del D.P.R.n.380/2001

Focus: La realizzazione di interventi edilizi, consistenti in manutenzione di un immobile, possono configurare un abuso edilizio perseguibile penalmente se l'immobile rientra in un'area vincolata paesaggisticamente. Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n.21192/2023 del 18 maggio 2023.
Il caso: il ricorrente era stato condannato con sentenza di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ad una pena di un mese e 15 giorni di arresto ed un'ammenda di euro 34.000, per aver eseguito, senza alcun permesso di costruire, interventi di manutenzione del proprio appartamento. Gli interventi consistevano nella realizzazione all'esterno dell'appartamento di una parete doccia, oltre che nella ripavimentazione dell'area esterna della propria abitazione, e nella realizzazione di un solaio di copertura del vano bagno più alto rispetto a quello esistente. Secondo i giudici di merito l'imputato aveva modificato l'originaria tipologia del luogo e, pur non determinando ciò nuove superfici o nuovi volumi, aveva realizzato una nuova costruzione incidente sul tessuto urbanistico, ai sensi dell'art.10 del Testo unico dell'edilizia, per la quale è necessario il permesso di costruire, ex art. 3 comma 1, lettera e) del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico edilizia).

L'art.3, comma 1, lett. e) del D.P.R. n.380/2001 dispone, in particolare, che deve essere richiesto il permesso di costruire, agli enti territoriali competenti, non solo per le attività di edificazione ma anche per altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano, comunque, una modificazione permanente dello stato materiale e di conformazione del suolo. Poiché tali interventi erano stati realizzati senza autorizzazione su un'area sottoposta a vincolo paesaggistico, ciò integrava anche il reato paesaggistico con relativa condanna penale. L'imputato ha impugnato, pertanto, la sentenza d'appello con ricorso in Cassazione chiedendone l'annullamento per diversi motivi. Innanzitutto il ricorrente ha eccepito che il giudice di merito aveva travisato i fatti nella ricostruzione della fattispecie concreta accertando l'esecuzione ex novo della pavimentazione esterna senza tener conto, come risulta dalla comunicazione notizie di reato acquisita agli atti, del fatto che si trattava di un rifacimento totale di una pavimentazione preesistente per la quale non andava richiesto il permesso a costruire, in quanto opera di piccole dimensioni senza modifica dello stato di destinazione d'uso. Con il secondo motivo è stata contestata la responsabilità penale per il reato edilizio attribuita dai giudici di merito tenuto conto del fatto che l'opera in questione, secondo il ricorrente, non sarebbe una nuova costruzione, come ritenuto dai giudici. L'intervento realizzato sarebbe, invece, una manutenzione straordinaria leggera, ex art. 3 lett. b) del D.P.R.n.380 del 2001, trattandosi di attività di realizzazione e/o integrazione dei servizi igienico-sanitari, assoggettata ai sensi degli artt. 6, 6 bis e 23 del Testo unico edilizio, a semplice Cila o al più a Scia.

Con il terzo motivo il ricorrente deduceva il vizio di motivazione con riguardo alla realizzazione del solaio del bagno perché la Corte territoriale non aveva tenuto conto della circostanza che era stato realizzato un solaio intermedio, per cui, ferma l'altezza interna del bagno, non vi sarebbe alcun aumento di volumetria. Anche questo intervento, quindi, sarebbe da annoverare tra gli interventi di manutenzione straordinaria o di difformità rispetto alla Scia. Per i suddetti interventi, quindi, non sarebbe richiesta l'autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'art.149 del D.Lgs. n. 40 del 2004, in quanto non altererebbero lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici. La Corte di Cassazione si è pronunciata, ritenendo congiuntamente infondati i predetti motivi del ricorso, richiamando i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità. Quest'ultima ha, da sempre, affermato che l'intervento edilizio deve essere considerato unitariamente nel suo complesso, senza possibilità di scindere e considerare separatamente le sue componenti (Sez. 3, n. 20363 del 16/03/2010; Sez. 3, n. 4048 del 06/11/2002; Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015). È stato ribadito che "il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell'attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più blando, per la loro più modesta incisività sull'assetto territoriale" Tale principio di unitaria valutazione trova applicazione anche con riferimento ad opere in grado di non assumere rilevanza penale se esaminate autonomamente. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile ritenendo corretta la sentenza impugnata. 

 

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