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Cassazione: giudice non può liquidare le spese di lite al di sotto dei minimi tariffari

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 Con l'ordinanza n. 21487 del 31 agosto 2018 i giudici dellaSeconda Sezione Civile della Corte di Cassazione hanno riaffermato il principio in base al quale il Giudice quando viene chiamato a liquidare le spese da porre a carico della parte soccombente non può e non deve derogare i minimi tariffari.

I Fatti

La Corte d'appello di Perugia, decidendo in sede di rinvio, aveva condannato il Ministero della Giustizia a pagare in favore di diverse persone e per ciascuno di loro, la somma di Euro 1.166,00, a titolo d'equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo di equa riparazione. Con lo stesso provvedimento condannava il Ministero alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 405,00, oltre Euro 8,00 per esborsi, oltre accessori, spese tutte distratte in favore dei difensori antistatari.

Avverso tale pronuncia gli istanti proponevano ricorso per cassazione rappresentando che la Corte di merito aveva violato o falsamente applicato l'art. 91 c.p.c. e art. 2233 c.c., nonchè il D.M. n. 55 del 2014, per avere liquidate il rimborso spese al disotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio.

 Motivazione

I giudici della Seconda Sezione hanno ritenuto fondato il ricorso.

Gli stessi hanno affermato di non condividere l'opinione secondo la quale l'art. 4 del D.L. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, nella parte in cui determina un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che "In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa".

 I giudici di legittimità hanno chiarito che il dettato del D.M. n. 140 del 2012 è stato emanato dal legislatore per regolare i rapporti contrattuali e i patti tra cliente e difensore che ben possono stabilire compensi al di sotto dei minimi e al di sopra dei massimi, allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza. Con riferimento alla liquidazione delle spese legali che deve essere operata dai giudici, i criteri da seguire devono essere quelli indicati dal D.L. n. 55 del 10 marzo 2014 che impongono in forza del rapporto di specialità della norma, l'inderogabilità dei minimi tariffari . (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 1018, 17/1/2018, Rv. 647642).

Per tali ragioni i giudici del Supremo Collegio hanno cassato il provvedimento impugnato e tenuto conto dl valore della causa (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00) , in applicazione dei criteri indicati nel D.L. n. 55 del 2014, previa applicazionedella riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell'affare (art. 4, cit.), decidevano la causa nel merito e stabilivano di liquidare il compenso complessivo nella misura di euro 1.198,50 oltre iva e cpa.

Inoltre il predetto Ministero è stato condannato al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore degli avv.ti XXXXXXXXX liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge

Si allega ordinanza

 

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