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Tra i ricordi proposti in questi giorni da Facebook, c'è una storia accaduta qualche tempo fa, che merita di essere riproposta. Lei è Sara, un avvocato, Circondario di Rimini. Sara ha deciso di diventare ancora mamma, è incinta. Le piace il suo lavoro, ha una responsabilità verso i clienti. Fin quando può, resiste. Studia, riceve, va alle udienze, anche quelle fuori sede. Ce n'è una a Pesaro, quasi due ore di auto. Lei parte presto, alle 8:45 è già in tribunale. Cerca l'aula, eccola. Manca il giudice, ci sono alcuni colleghi ad aspettarlo, nel corridoio. Sara dà un'occhiata all'elenco delle cause, una quindicina son fissate alle 9. Lei comincia a preoccuparsi. Certo non per sé, è in gravidanza, all'ottavo mese. Chissà quando toccherà a me, quando potrò tornare a casa. Le sembra male chiedere. Non dico nulla nella speranza che qualcuno dei colleghi dica qualcosa a me. Nessuno dice una parola. Cominciano le udienze e ancora nulla. Dopo un po' un avvocato cerca di aiutarla.Possiamo far passare la collega visto che e' incinta? Un altro sta proprio per entrare, si sente chiamato in causa. Dipende quanto hai da fare, dice. Io ho depositato dei documenti, quindi il giudice dovrebbe controllarli, e rinviare per pc ma non dipende da me, lo sai. Lo sa lui, lo sappiamo tutti. Guarda non posso farti passare perché ho udienza dall'altro giudice, dice, ed entra, lei rimane nel corridoio. Si avvicinano alcune colleghe, colleghi. Sono sconcertati, le danno solidarietà, un abbraccio. Il collega che deve entrare con lei chiede al successivo se li fa passare. La risposta, esilarante: "Guarda che sei incinta non sei mica malata". Sara è mortificata, quella risposta la sorprende e umilia. La cancelliera interviene, fatela passare. Lui, come se fosse stato espropriato di un diritto: "passera' ma io non sono assolutamente d'accordo". Sara non sa più cosa fare, è stanca e frustrata. Com'è brutto chiedere una cortesia e sentirsi dire no in modo così poco carino. Aspetta il suo turno, entra, tutela le ragioni del suo cliente, torna a casa. Si riposa, poi affida il suo malessere a Facebook, denuncia.
Non ci sono leggi che tutelano il diritto di precedenza, scrive, ma senso civico, moralità e senso di umanità, valori che molti hanno dimenticato. Ringrazio i colleghi che si sono dimostrati solidali con me e basiti dai comportamenti di altri che non ci fanno onore. Un collega, Danilo, le scrive: "Cara Collega, l'Ordine di Pesaro dall'anno 2018 si è dotato di un protocollo di udienza che prevede l'accesso prioritario per le colleghe in stato di gravidanza. Il protocollo è pubblicato sul sito dell'Ordine e l'organo competente a valutare simili comportamenti è il consiglio distrettuale di disciplina". Ci piacerebbe sapere com'è andata a finire ma che cose così non accadessero più, perchè non è questione di buone maniere o di galanteria, ma di rispetto di norme deontologiche che vincolano tutti. L'avvocato deve essere prima di tutto un cuore, scrisse Piero Calamandrei. Se si continuano a tollerare comportamenti simili, chiudiamo i comitati per le pari opportunità e asteniamoci dal criticare un giudice quando maltratta un avvocato in gravidanza. Per dirla tutta, se tutto questo ci pare normale, smettiamo anche di esercitare l'avvocatura. Grazie, grazie a Sara per il Suo esempio, e buona vita!
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