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Il Consiglio di Stato dà il via libera all’appello cumulativo: più sentenze impugnate uno actu

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 Tramite la sentenza n. 5385/2018 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha segnato una svolta storica nel processo amministrativo, superando l'unanime orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale sarebbe inammissibile l'appello cd. cumulativo ossia l'appello avente a oggetto contestualmente più sentenze; i Giudici di Palazzo Spada in tal modo hanno inaugurato un nuovo capitolo della Giustizia amministrativa evidentemente volto a garantire e a favorire ulteriormente il principio di economia processuale.

I fatti di causa: la Società ricorrente aveva partecipato a una selezione locale volta a ottenere dei contributi pubblici per la ristrutturazione e la riconversione di vigneti e, pubblicata la graduatoria finale che vedeva l'istanza di detta Società accolta solo in minima parte, quest'ultima ha impugnato la graduatoria davanti al T.A.R., che tuttavia ne dichiarava l'inammissibilità per difetto di notifica ai controinteressati.

Avverso detta sentenza la Società proponeva ricorso per revocazione, il quale però veniva anch'esso dichiarato inammissibile sull'assunto che il rimedio revocatorio non fosse esperibile nei confronti delle sentenze dei T.A.R., per giunta in pendenza dei termini per proporre appello.

Conseguentemente la Società proponeva appello al Consiglio di Stato, con il quale unico atto impugnava entrambe le sentenze, ritenendo erronee entrambe le declaratorie di inammissibilità.

In via preliminare il Giudice di seconde cure ha esaminato l'eccezione di inammissibilità formulata dalla P.A. appellata, avuto riguardo proprio alla natura cumulativa dell'appello.

Ebbene, l'eccezione è stata ritenuta infondata.

Il Collegio giudicante ha ripercorso in maniera certosina l'orientamento della giurisprudenza amministrativa, civile e tributaria sull'argomento, approdando alla soluzione dell'ammissibilità di tale azione, sinora gradualmente ammessa nel processo civile e tributario ma non ancora nel processo amministrativo.

La sentenza de qua ha ricordato che, sul piano storico, la radicale inammissibilità dell'appello cumulativo affonda(va) le proprie radici nel vecchio brocardo di diritto romano secondo il quale ubi duplex fertur sententia, ibi duplex appellatio est necessaria; sul piano sistematico, detta inammissibilità si desume(va) dal principio secondo cui spetterebbe solo al giudice di appello il potere discrezionale di riunire i ricorsi connessi avverso più sentenze di primo grado (in omaggio ai principi di economicità e di speditezza dei giudizi nonché al fine di prevenire giudicati contrastanti) mentre l'eventuale iniziativa lasciata in tal senso alle parti sottrarrebbe al giudice il governo dei giudizi e sarebbe verosimilmente foriera di situazioni processuali confuse e/o inestricabili; infine, sul piano positivo, la citata inammissibilità sembrerebbe trovare conforto dall'assenza di una espressa previsione della normativa processuale, la quale invece qualifica l'appello come ricorso proposto avverso la sola sentenza che definisce il giudizio (cfr. art. 101 c.p.a.) e contempla quale esclusivo (e perciò eccezionale) caso di impugnazione unica contro più sentenze quello contro le sentenze definitiva e non definitiva rese nello stesso processo (cfr. artt. 340 e 361 c.p.c., applicabili al processo amministrativo in forza del rinvio c.d. esterno di cui all'art. 39 c.p.a..) e – più in generale – ammette la trattazione di più cause in un solo giudizio per iniziativa dell'attore (artt. 103, 104, 31, 32 e 33 c.p.c.), oppure per riunione disposta dal giudice (artt. 274, 31, 32, 33 e 40 c.p.c.), ma solo in primo grado e nei casi di connessione predeterminati dalla legge, mentre non sussiste alcuna norma dedicata alla riunione dei giudizi d'impugnazione contro sentenze diverse.

 Il Collegio ha rilevato che nell'ambito del diritto processuale civile si sono gradualmente e lentamente susseguite delle aperture all'ammissibilità di siffatta azione e ciò sin dal codice del 1865, passando per il codice del 1940, rispetto alle quali la Corte di Cassazione, in origine, aveva fedelmente sposato un'interpretazione restrittiva di dette disposizioni; tuttavia la medesima Cassazione è divenuta sempre più flessibile ammettendo nuove ipotesi di appello cumulativo (p.e. impugnazione congiunta della sentenza e della ordinanza di correzione di errore materiale oppure della sentenza revocanda e di quella che conclude il giudizio di revocazione).

Ma le iniziative più coraggiose, a opinione del Collegio, sono state intraprese in materia tributaria nell'ambito della quale si è puntualizzato, rovesciando le premesse, che – dovendo applicarsi al giudizio di appello le stesse norme del giudizio di primo grado, con il solo limite della non incompatibilità (art. 359 c.p.c.) – non dovrebbe trovare ostacolo, in seconde cure, la facoltà generale del giudice di procedere alla separazione delle cause riunite dalle parti in assenza dei presupposti ex art. 103, comma 2 c.p.c.; si è osservato che, anche postulata l'inammissibilità della impugnazione cumulativa, non sarebbe con ciò preclusa l'operatività del superiore principio di conservazione degli atti, che – in chiave di effettività degli strumenti di tutela giurisdizionale – ne preclude la declaratoria di inammissibilità, in presenza dei requisiti di sostanza e di forma delle proposte domande; infine, si è gradualmente elaborata una regola di precisa individuazione degli elementi necessari alla impugnazione cumulativa, essenzialmente consistenti: nella identità delle parti; nella coincidenza delle questioni trattate nelle sentenze impugnate; nella espressa indicazione ed individuazione delle plurime sentenze impugnate nell'unico atto di impugnazione cumulativa, accompagnata dalla manifestazione non equivoca della volontà di impugnarle tutte.

In buona sostanza, siffatti orientamenti sono complessivamente ispirati alla logica di valorizzare il dato unificante per cui tra due (o più) controversie decise con una pluralità di sentenze (cumulativamente impugnate) sussistano (essenzialmente con riferimento all'identità dei soggetti coinvolti e delle questioni trattate) ragioni di connessione tali che ne avrebbero giustificato la trattazione unitaria fin dall'inizio.

La sentenza esaminata in questa sede ha riconosciuto particolare pregio e rilievo alla presa di posizione della Cassazione SS. UU., n. 3692/2009, resa in materia tributaria, la quale ha affermato il principio di diritto per cui "in aggiunta alle ragioni di economia processuale che sorreggono la (pacifica) ammissibilità del ricorso uno actu avverso più sentenze emesse nel medesimo procedimento, l'impugnazione cumulativa va ammessa anche nel caso in cui i diversi procedimenti non solo attengono al medesimo rapporto giuridico […], pur riguardando situazioni giuridiche formalmente distinte […], ma soprattutto dipendono per intero dalla soluzione (che è uguale in tutte le sentenze) di una identica questione di diritto comune a tutte le cause […]".

Ciò scrupolosamente premesso, il Collegio ha ritenuto di dover procedere a un complessivo ripensamento in ordine alla possibilità di esperire l'appello cumulativo anche nel processo amministrativo, sia pure a condizione che ricorra il requisito soggettivo della identità delle parti e quello oggettivo della comunanza delle questioni o della stretta connessione tra le cause.

 Detta svolta, a opinione dei Giudici di Palazzo Spada, è effettivamente coerente o forse meglio diretta applicazione: del principio di economia processuale, nella sua declinazione di tendenziale concentrazione delle controversie dinanzi allo stesso giudice, desumibile dagli artt. 24 e 11 della Costituzione; della regola che impone l'applicazione, anche nel processo amministrativo, delle norme del codice di rito civile, in quanto non incompatibili e che, per l'effetto, vale a legittimare il giudice amministrativo di appello alla separazione delle cause in applicazione dell'art. 103, comma 2, c.p.c.; della generale possibilità di cumulare domande connesse, prevista all'art. 32 c.p.a., da ritenersi operante anche in appello (art. 38 c.p.a.); della possibilità, per il giudice di appello, di pronunciare, ai sensi dell'art. 36 del Codice, sentenza parziale quando decide alcune delle questioni: la quale vale a fondare anche il potere di scindere officiosamente l'impugnazione cumulativa avanzata dalle parti, nel caso di ritenuta e concreta insussistenza dei presupposti per emettere un'unica sentenza.

Per questi motivi il Consiglio di Stato ha ritenuto l'appello ammissibile; tuttavia, esso è stato poi ritenuto infondato nel merito.

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