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Il concorso omissivo dei sindaci nel reato di bancarotta

Il concorso omissivo dei sindaci nel reato di bancarotta

Con la sentenza n. 44107 del 2018 la Corte di Cassazione affronta nuovamente il tema del concorso dei sindaci nel reato di bancarotta degli amministratori di società tracciandone i confini e gli elementi costitutivi, sia sotto un profilo oggettivo che sotto un profilo soggettivo.

Il difensore proponeva diversi motivi di ricorso avverso la sentenza di condanna che era stata pronunciata nei confronti di un sindaco per il suo contributo omissivo nel reato commissivo di bancarotta degli amministratori. 

Affidava il suo ricorso a diversi motivi, tutti fondati sul rilievo da attribuire al concorso omissivo del sindaco nella condotta commissiva dell'amministratore. 

La Corte - con la sentenza allegata - delinea l'ambito di applicazione dell'art. 40 c.p.v. e riafferma, in via di principio, che la responsabilità per condotta omissiva presuppone il nesso causale tra omissione ed evento nonché la causalità psicologica nel senso che occorre la coscienza e volontà delle conseguenze dannose perché la condotta omissiva divenga rilevante a fini penali.

A questo punto, il ragionamento della Corte si posa sugli obblighi di garanzia e sui poteri impeditivi del collegio sindacale rispetto ai poteri degli amministratori.

L'obbligo di garanzia, infatti, è essenziale al fine di poter fondare il contributo e la responsabilità omissiva rilevante in campo penale. 

Rappresenta, in pratica, l'obbligo che viene violato con il non facere ed è il suo fondamento normativo e giuridico a rendere penalmente rilevante anche la condotta negativa. 

La norma cardine della responsabilità omissiva del collegio sindacale è l'art. 2403 c.c. che prevede: "Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo 2409 bis, terzo comma.
"

Ricorda, infatti la Corte, che i sindaci possono svolgere anche un controllo contabile sulla società, ove previsto dallo statuto. 

In pratica il sindaco ha obblighi di vigilanza e controllo sull'operato degli amministratori affinché si realizzi il parametro della corretta amministrazione, ovvero la società venga amministrata nel rispetto della legge e dello statuto.

Tale formula acquista concretezza in ottica patrimoniale, poiché i sindaci sono tenuti alla salvaguardia del patrimonio della società rispetto a comportamenti distrattivi o dissipativi posti in essere dall'organo gestorio, anche ai danni dei creditori sociali.

In attuazione di questi obblighi i sindaci sono dotati di particolari poteri di tipo ispettivo e di controllo.

Possono anche chiedere informazioni agli amministratori su ogni aspetto della società e convocare l'assembla ove ravvisino fatti censurabili nel comportamento dell'organo gestorio.

Infine, possono denunciate al Tribunale la presenza di gravi irregolarità al fine di consentire all'autorità giudiziaria un controllo effettivo sui fatti più gravi.

La violazione degli obblighi di controllo da parte del collegio è fonte di responsabilità risarcitoria, in materia civile, quando venga accertato il nesso causale tra l'omissione dei sindaci e il danno arrecato alla società.

La giurisprudenza ha inoltre più volte affermato come il potere di controllo del collegio sindacale si estenda anche al contenuto vero e proprio del potere gestorio degli amministratori.

I sindaci, infatti, possono chiedere agli amministratori notizie sulle operazioni economiche poste in essere ed esprimere, se del caso, perplessità sul loro operato.

Peraltro, per fondare la responsabilità del collegio sindacale, non è necessario individuare specifici comportamenti che si pongono in contrasto con il dovere di controllo, essendo sufficiente il non aver adempiuto genericamente all'incarico con diligenza, correttezza e buona fede.

Lungi dall'essere meramente formali, tali poteri, secondo la Corte, rivestono un'importanza sostanziale.

Sostiene la Corte, infatti, che i poteri del collegio – fino a quello di segnalazione al Tribunale- possono svolgere un ruolo di forte deterrente rispetto a possibili violazioni da parte dell'organo amministrativo. 

Se questa è la responsabilità civile occorre operare la trasposizione dei medesimi principi in campo penale, dove vige, però, il principio di personalità della responsabilità penale e dove le condotte sono punite solo a titolo di dolo o colpa.

Nel caso di bancarotta sottoposto all'esame della Corte, peraltro, la punibilità è prevista solo a titolo di dolo.

Occorre quindi individuare una responsabilità personale e diretta in capo al sindaco che abbia contribuito – sotto l'aspetto causale a determinare e/o agevolare l'evento dannoso.

È poi necessario che tale contributo sia anche coperto dall'elemento soggettivo della coscienza e volontà, quanto meno, sotto il profilo del dolo eventuale.

Non è sufficiente quindi individuare dei comportanti di negligenza e imperizia per quanto gravi che si concretizzano nel disinteresse verso le vicende societarie, ma occorre che la condotta abbia consapevolmente determinato o favorito la commissione dei fatti di reato da parte degli amministratori.

Ad ogni modo, non è necessario un preventivo accordo tra i correi.

Proprio alla luce di questa ricostruzione, la Corte si trova a respingere il ricorso dell'imputato, ritenendo che quest'ultimo avrebbe avuto il potere di segnalare in prima battuta all'assemblea e, comunque, in ultima istanza anche al Tribunale gli inadempimenti gestori dell'organo amministrativo a nulla rilevando, come opposto dalla difesa, che la compagine societaria nel caso di specie fosse perfettamente corrispondente all'organo gestorio.

Peraltro, ricorda la Corte, alla luce dell'excursus appena svolto, che i poteri impeditivi del sindaco non sono solo quelli capaci di evitare in toto la commissione del reato da parte degli amministratori poiché i poteri del sindaco gli sono attribuiti per stimolare comportamenti legali virtuosi e non solo per impedire fatti di bancarotta. 

Di talchè –si aggiunge – il loro mancato esercizio può senza dubbio arrivare a configurare un apporto agevolatore della condotta illecita altrui.

 

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