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Insegnanti come Socrate, maestri nella maieutica. Crepet: "Unici a poter rimediare ai disastri consumati da genitori assenti".

Insegnanti come Socrate, maestri nella maieutica. Crepet: "Unici a poter rimediare ai disastri consumati da genitori assenti".

Le cose, in qualche modo, bisogna pur dirle nè è possibile educare senza nascondere la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi. Ed allora, bisogna constatare che, nell'educazione degli adolescenti, tranne poche eccezioni siamo di fronte ad un fallimento. Le famiglie non sono più, o sono comunque molto meno che in passato, quei microcosmi in grado di trasmettere ai ragazzi principi e valori fondativi, sistemi di riferimento relazionali, in una parola educazione. Non lo sono più per molte ragioni, ma soprattutto per due, in qualche modo sovrapponibili: un alto tasso di assenza, e non ci riferiamo ad una scarsa presenza fisica, di uno o di entrambi i genitori, che spesso lascia gli adolescenti senza un punto di riferimento; l'incapacità, anche nei rari momenti di presenza, di trasmettere modelli positivi, prima di tutto comportamentali. Perché, per educare efficacemente, prima di tutto bisogna essere, oltre che esserci. 

Come scriveva uno dei maestri della psiche del Novecento, Erich Fromm, in un libro di grande successo di quasi 40 anni fa, bisogna preferire l'essere all'avere. Ma questa raramente è stata la logica imperante nelle società contemporanee occidentali, ed infatti anche nel caso delle relazioni tra genitori e figli, spesso si finisce con il ridurre tutto ad una questione di portafoglio. 

Ecco allora spuntare il genitore bancomat, che con le mancette, la macchinina, che ha preso il posto dei classici motorini, il viaggio estivo, e qualche altra concessione voluttuaria, ritiene ormai di avere assolto i propri compiti nei confronti dei propri figli, ed invece non si rende conto che, così facendo, li sta lasciando senza un modello educativo insostituibile. Sta, in qualche modo e con tre parole forti, creando dei mostri, abituandoli per il futuro ad avere tutto e subito, senza essere guidati da alcun principio etico perché nessuno ha dedicato tempo a trasmetterlo loro. 

In più, nella maggior parte dei casi, questi stessi genitori, incapaci di essere ed incapaci di trasmettere, e per queste ragioni molto bravi a delegare, saranno anche quelli che se la prenderanno con gli insegnanti a fronte dei fallimenti dei propri figli a scuola. Li incontreranno, li affronteranno e li accuseranno di non essere riusciti ad inculcare in loro dei valori, prima ancora che delle conoscenze. Inconsciamente, è proprio la cosa che sentono rivolta a loro, il proprio tallone di Achille.

E questo, in qualche modo, si incrocia anche con una recente analisi dello psichiatra Paolo Crepet, riguardo gli adolescenti. Secondo Crepet,  gli adolescenti sono sottoposti ad una sorta di psicologizzazione. Come se ci trovassimo all'interno di un giallo di Agatha Christie, spesso si guarda ai ragazzi come se ci si trovasse davanti a un microscopio, alla ricerca di quel batterio,  che  ne fa deviare, o ne altera, i comportamenti.  Sono diventati un oggetto di ricerca da parte di molti, gli stessi, in molti casi, che  non sono presenti nella loro vita  e, nei pochi momenti in cui riescono ad esserci, sono, come abbiamo  detto prima, del tutto inadeguati nel trasmettere principi e modelli di comportamento. 

Qui, la delega è una delega alla scoperta di un mondo che, spontaneamente, con le risorse proprie non si riesce proprio a capire. Non a caso, sono ormai tantissimi i genitori, madri e padri incompiuti, che si rivolgono allo psicologo perché possa aiutare i propri figli. Non riuscendo proprio a capire che, per questa strada, li incanaleranno lungo un crinale pericolosissimo. Da quel momento saranno, a tutti gli effetti, una sorta di assistiti, qualunque cosa facciano e tali si sentiranno. Ed una sola parola sbagliata potrà provocare terremoti.

Ed allora, l'unica risorsa è la scuola, quantomeno in attesa che all'interno delle famiglie ci sia una maggiore tendenza alla responsabilizzazione.

Ma questo, secondo lo psichiatra, è possibile solo a condizione che la scuola non si limiti ad essere semplicemente un luogo all'interno del quale si garantisce esclusivamente istruzione. La scuola è anche questo, ma non solo questo.  

Con  le sue caratteristiche,  il tempo di cui dispone, il pluralismo anche culturale oltre che sociale che ne è alla base,  all'interno delle scuole,  e soprattutto delle classi, esiste la possibilità  che adulti e adolescenti parlino, scrivano,  si confrontino, risolvano i propri problemi. Insomma, esiste un insegnamento che, secondo la lezione dei grandi educatori del Novecento, non si riduce semplicemente alla trasmissione di nozioni ma tocca, ed anzi affronta d'impeto, tutti i problemi che hanno gli adolescenti, quelli della propria sfera umana, personale, interiore, addirittura spirituale nel senso più lato possibile. Perché come si è detto solo di rado i ragazzi hanno bisogno di uno psicologo a loro supporto. Piuttosto hanno bisogno di autentici educatori, e oggi le famiglie tali non sono.

Ma questo significa una sola cosa. Che i docenti non devono essere semplicemente preparati nelle proprie discipline, ma, ancor di più, conoscitori profondi di quell'universo che esiste nei cuori e nelle menti degli adolescenti, esploratori della loro interiorità. Non si tratta di fare dei docenti degli psicologi, perché non potrebbero averne le competenze, e neppure dei genitori di secondo livello, perché non è questo il proprio ruolo. Piuttosto essi, come Socrate, devono essere super bravi nella arte della maieutica, nel tirar fuori dai ragazzi tutte le energie positive, le passioni,  i talenti.  Sapendo che  ciascun uomo o donna nasce con risorse  straordinarie, che devono solo, e non è certo poco, essere portate alla luce. 

Certo, non è questa la soluzione definitiva, perché ciascuno deve assolvere il proprio ruolo e il ruolo della scuola non è quello di supplire alle inefficienze o alla idoneità delle famiglie. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare, ed è proprio la scuola, in questo momento storico, l'ambiente più virtuoso sul quale, purtroppo, lo Stato scommette ben poco, lasciando spesso docenti ed operatori in una situazione di sostanziale abbandono, non solo per retribuzioni che, obiettivamente, appaiono scandalose a fronte di compiti che sono ad essi richiesti.

 

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