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Giuseppe Salvatore Spinello Benintende “Il Marchese e la misteriosa fine di Parachiazza” La storia di Niscemi tra cronache storiche e romanzo

rizzo

Il sottotitolo di questo avvincente racconto, "Da antiche cronache storiche e romanzate di fatti e misfatti in quel di Niscemi", è la cifra che abbiamo scoperto nelle due precedenti opere di questo interessante Autore: "C'era una volta Niscemi" e "Il serafico Velo della Madonna".

Giuseppe Salvatore Spinello Benintende conosce bene la storia della sua Città, Niscemi, per averla letta, e riletta, per averla indagata con la cultura etnoantropologica del ricercatore, per aver verificato gli sviluppi, al limite dell'immobilismo, di piccoli e modesti cambiamenti sociali e politici. Per aver esplorato, con amore e passione, l'interessante e ricco archivio di famiglia, dove si possono trovare tracce della vita di un piccolo e modesto comune meridionale dell'Ottocento, che l'Autore, con una scrittura, che tiene conto degli eventi ottocenteschi e della necessità di rappresentarsi personaggi, situazioni, intrighi con una forma, chiara e accattivante, affinché siano leggibili, e godibili. Impresa non semplice dopo 156 anni fa da quegli eventi. Ma necessaria se vogliamo confrontarci con antiche narrazioni che ci portano al presente.

Ma, come mette ben in evidenza, nella Prefazione, Angelo Filsero Battaglia, la scrittura di Spinello-Benintende "… non è questione di beceri moralismi, ma di condivisione, di partecipazione, di presenza di 'Amarcord' storico per far luce sul presente e sul futuro. E senza, se ne muore".

Non sono molti, gli storici locali che si sono interessati dei feudi, di cui Niscemi faceva parte, che, dall'epoca di Carlo Magno, sono stati assegnati alla famiglia Francoforte, o Branciforti. Per cui, ogni tanto ci sono date e notizie che non sembrano collimare, le une con le altre.

Ed è questo uno dei motivi della scelta felice del nostro Autore di mettere in evidenza che non si tratta di una nuova storia di Niscemi, ma "… di cronache storiche e romanzate". Ed è per questo che possiamo leggere queste paginette piene di personaggi, di fatti ed eventi, realmente esistiti o accaduti, descritti in forma di romanzo. 

I Branciforti, una famiglia, allargatasi nel tempo in vari rivoli, ha conosciuto alterne vicende. E non tutte virtuose.

Dopo l'Unità d'Italia, nel bene come nel male, si perdono le tracce dei rampolli Branciforti, sostituiti dai nuovi padroni della borghesia agraria.

E il nostro marchese è figlio di questa nuova realtà.

La notte, tra il sette e otto aprile del 1864, giovedì della Settimana Santa, era usanza che le persone si inginocchiassero in piazza: "…che ancora tutto il popolo rispettava ad ogni ricorrenza sacra, un po' per paura delle afflizioni già sofferte da qualche nonno, un po' per tradizione e devozione vera. Tutti si alzano in piedi, dopo essersi inginocchiati all'ultimo frastuono delle campane della chiesa madre, ad eccezione del signor sindaco che, inginocchiatosi proprio in piazza, rimane steso a terra in una pozza di sangue. E' stato ammazzato con un solo colpo al cuore".

Il Sindaco è fratello di quel marchese, presente nel libro precedente di Spinello-Benintende, e nipote del parroco della Chiesa madre.

Una famiglia arrivata a Niscemi, verso la fine del Cinquecento, da san Michele di Ganzaria, e i cui antenati provenivano dall'Albania per "… fuggire allo sterminio turco e per mantenere la loro fede cristiana …". 

Una famiglia arricchitasi nel tempo grazie alla benevolenza del principe e ad acquisti di

Feudi. E diventa una delle più ricche e potenti .

Ma quale era il clima in quell'epoca. Lasciamo interpretare il "silenzio" del marchese durante il funerale del fratello in una chiesa piena di autorità, di ricchi signori e di povera gente. "Tutti a ciuciuliari su, pensa fra sé e sé il marchese sbirciando tra gli guardi e ascoltando il bisbiglio la cui eco, fin dalla piazza, arriva ai suoi orecchi. Paolo Li Moli, il suo amico Paolo, gli è accanto, in silenzio composto carico di affetto. E' il silenzio delle persone che amano, è quel silenzio che la parola omaggia allo spirito e che arriva fino al cuore di chi sa ascoltarlo. Il marchese lo sente quel silenzio di Paolo e gli afferra il braccio con forza tanto da sentirne scorrere il sangue nelle vene. Paolo ha capito, come al solito, e si lascia stringere in quella morsa senza opporre resistenza: sa benissimo che da quel momento tutto cambierà per il suo amico e che solo l'amicizia potrà porgere una luce di speranza in un mare che è già in tempesta. Il dolore per la a morte improvvisa e violenta, il pensiero per i nipoti ancora in tenera età rimasti orfani e per la povera vedova che dovrà difendersi da avvoltoi assetati del sangue caldo".

Il marchese, da uomo di mondo, qual era, diffidente delle leggi e delle procedure da seguire dopo un delitto da una parte non si dà pace al fatto, secondo la sua esperienza, che anche questo delitto rimarrà impunito, dall'altra decide di iniziare un'indagine privata per scoprire "… quel cane, figlio di cane" che ha osato uccidere suo fratello".

La sua prima impressione che il fatto di sangue sia dovuto a qualche giovane che avrebbe voluto schivare la "leva militare" alla fine trova corrispondenza con la realtà.

Ma come va a finire, lo lasciamo scoprire ai lettori che godranno, in questo periodo di questa quasi "segregazione" pandemica , della lettura di un testo ben scritto e che, pur se nella forma romanzata, serve moltissimo per comprendere i fatti del nostro passato con ricadute, non sempre virtuose, sul nostro presente.

Giuseppe Salvatore Spinello Benintende "Il Marchese e la misteriosa fine di Parachiazza", €. 5, acquistabile nella libreria Piero Rizzo, Niscemi 

 

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