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“Giuro di non dimenticare Storie di medici Ai tempi del Covid”

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 In men che si dica, negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad uno spostamento di visuale repentino: dal Covid19 alla guerra tra Russia e Ucraina.

In un batter di ciglia ci siamo trovati dalla contestazione di dati concernente i malati di Covid, dell'efficacia dei tamponi, dell'inutilità dei vaccini fino al disconoscimento dell'epidemia vera e propria.

Si è creato un clima da "Bar sport", dove ci si trovava ogni sera a contestare politici, scienziati, medici, infermieri e chi più ne ha più ne metta.

La scienza portata davanti al tribunale del popolo.

I giornalisti aggrediti nelle pubbliche piazze.

Gli scienziati, i ricercatori di vaccini e di medicinali, che potessero lenire o evitare la morte di centinaia di migliaia di persone, derisi.

E quanti di noi cercavano di far capire che la morte colpiva, e non solo in Italia, provocando milioni di vittime in ogni Continente venivamo irrisi come irriducibili creduloni.

Intanto in Italia i morti sono stati oltre 190.000. E non possiamo dire che sia finita, anche se registriamo cali significativi sia nei contagi sia nel numero di persone decedute.

Da oltre tre mesi, con la sciagurata guerra tra Russia e Ucraina, sembra che gli interessi degli italiani si siano spostati, a velocità supersonica, nel collocarsi a favore dei russi o dalla parte degli ucraini.

Con annessi e connessi.

Ma il Covid e le loro varianti continuano ancora a colpire, anche se in maniera meno violenta.

Se provate a cercare su Internet le mappa delle regioni italiane colpite dal Covid troviamo una "zona rossa" che interessa le regioni Lombardia, Campania, Liguria, Abruzzo, Molise, e Puglia.

Quanti di noi ricordano quei camion dell'esercito italiano che trasportavano le bare nei paesi delle persone che non riuscivano a sopravvivere.

Lo scorso anno, quando ci si è accorti che il complesso sanitario del nostro Paese, che aveva retto benissimo, nell'accoglienza e nella cura, e i medici e gli infermieri rischiavano la vita per curare i nostri famigliari, il Sindacato dei medici e della Federazione Cimo-Fesmed, pubblica un libro molto interessante: "Giuro di non dimenticare", con il significativo sottotitolo di "Storie di medici. Ai tempi del Covid", edizioni Elemento 115, €.8.

Un testo che ci propone, come possiamo leggere sulla quarta di copertina: "Le 28 storie sono state scritte liberamente da altrettanti medici che si sono trovati da un giorno all'altro in prima linea contro la pandemia. Si riferiscono prevalentemente all'impatto, allo spaesamento, alla fatica, alle paure, al dolore, all'impegno e alla determinazione professionale, ma anche all'estrema umanità con la quale hanno visto il mondo cambiare sotto i loro occhi e mascherine, cercando di salvare o salutare per l'ultima volta i pazienti, o ancora consolare parenti, amici, colleghi. Sono storie di emozioni vere e di riflessioni di esseri umani con elevata professionalità. Sono in definitiva storie di coraggio e impegno quotidiano di fronte ad un enorme tragedia comune".

Si tratta di 28 storie narrate da medici che hanno vissuto in prima persona la tragedia dei ricoverati, dei famigliari, dei parenti di quelle persone che venivano ospedalizzate, il più delle volte, con flebili speranze di sopravvivere agli attacchi subdoli del male.

Ma qual è il ruolo del medico in una società, più o meno complessa.

Le regole, e sono abbondantemente citate in questo testo, risalgono al 460 a.C. e contenute nel Giuramento attribuito ad Ippocrate di Coo.: "Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che seguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto. […] Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò del recar danno e offese…". 

 Il presidente nazionale del sindacato CIMO, Guido Quici, nella prefazione, oltre a ricordare lo smantellamento del sistema sanitario nazionale, operato con pervicacia dalla politica degli ultimi vent'anni, accenna a cosa abbia significato questa esperienza, professionale e di vita, del medico durante questa pandemia. "Ma in ciascun medico e sanitario, che ha assistito un paziente Covid, rimarranno indelebili le notti insonni, gli sguardi smarriti e le richieste di conforto dei pazienti bisognosi di ossigeno e desiderosi di abbracciare i propri cari. Ecco non dimenticheremo mai, proprio quei momenti in cui medico e paziente si ritrovano da soli ad affrontare gli istanti più difficili della propria esistenza. Le emozioni, le riflessioni, la solitudine, ma anche una inesprimibile forza ben oltre l'impegno professionale, dovevano essere in qualche modo raccontate. Senza filtri letterari o pretese di originalità".

Se ricordate erano i momenti in cui all'unisono gli italiani non esitarono a definire "Eroi" i medici e gli operatori sanitari.

Il libro è diviso in due parti.

Nella prima, "Non siamo eroi", possiamo leggere testimonianze che toccano il cuore del lettore. Dalle "bugie con il cuore in gola" alle fragilità e ai dubbi" dei medici che per la prima volta vengono a trovarsi improvvisamente davanti ad un'epidemia di cui non si conosceva nulla, alla certezza che da ogni esperienza si esce sicuramente segnati, ma preparati per altre eventuali occasioni.

Nella seconda parte, "Amare il proprio lavoro", si raccontano i propri pensieri, le proprie emozioni, e la resilienza, ovvero la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

 

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